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L’agricoltura ecocompatibile nel Parco del Pollino

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22/10/2012

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L’agricoltura ecocompatibile nel Parco del Pollino

Il fiume Lao scorre frizzante e cristallino mentre il profumo intenso del sottobosco e i giochi di luce ed ombra tra gli aghi di pino offrono scenari quasi fiabeschi. Il Parco Nazionale del Pollino racchiude uno dei territori più suggestivi ed interessanti d’Italia, tanto da attirare ormai da ogni parte, un turismo consapevole e attento allo spettacolo della natura. È interessante sapere, però, che nel rispetto del patrimonio naturale, è possibile creare e sperimentare anche modelli di sviluppo eco-compatibili del territorio. È il dottor Luigi Gallo, del Centro di Divulgazione Agricola n. 2 dell’Arssa (Agenzia Regionale per i Servizi in Agricoltura) di Castrovillari, che ci illustra in dettaglio le possibilità offerte dalle nuove frontiere produttive in un ambiente praticamente incontaminato. Da più di dieci anni –  dice Gallo – l’Agenzia ha investito sul territorio in termini di informazione e sostegno, al fine di accostare alle colture tradizionali della zona del Parco, per lo più in asciutto, delle nuove coltivazioni irrigue, sfruttando il completamento degli impianti per l’irrigazione, realizzati dal Consorzio dei Bacini Settentrionali del Cosentino. Attualmente, l’area di nuova irrigazione raggiunge un’estensione di circa duemila ettari mentre il sistema dell’irrigazione a goccia consente un utilizzo davvero razionale dell’acqua irrigua. È da questo progetto che nascono le coltivazioni di fagiolo borlotto ceroso nano, fagiolo borlotto ceroso rampicante, fagiolo bianco ceroso rampicante, oltre a quelle di zucchino, pomodoro ed al prezioso recupero di due rare specie, prima a rischio di estinzione: il fagiolo poverello bianco e la lenticchia di Mormanno.

Questi tipi di colture ben si armonizzano con le nuove, particolari esigenze dei consumatori, oggi sempre più attenti ad acquistare prodotti che non abbiano subìto dei trattamenti che possono alterarne le qualità. In effetti, le caratteristiche di questi cibi incontrano il desiderio di nutrirsi in maniera sana e naturale in quanto la loro produzione all’interno di un’area protetta fa sì che siano genuini, poiché prodotti con il minimo o in totale assenza di prodotti chimici di sintesi, e gustosi, senza trascurare l’enfasi di provare il sapore delle bellezze del Parco! La distribuzione di tali prodotti avviene su scala locale, all’interno del Parco stesso, nel resto della regione, soprattutto nelle località balneari più vicine al territorio del Pollino, in Campania o nelle province limitrofe della Basilicata. Molto interessanti, poi, le prospettive occupazionali, anche per i giovani; la coltivazione di questi ortaggi è estremamente semplice e non supera, per durata, i cinque mesi all’anno, rivelandosi una ghiotta occasione di integrazione del reddito. Se dal punto di vista sociale, l’iniziale sensibilizzazione ha portato alla nascita di alcune cooperative locali è dal punto di vista economico che si rivela il potere e la lungimiranza del progetto. La redditività è davvero alta, perché in molti casi è lo stesso coltivatore che espleta da sé l’intero ciclo produttivo; ciò unito al basso investimento iniziale, rende i guadagni davvero soddisfacenti. Dal confronto tra questo piccolo sistema economico con quello della vicina Piana di Sibari si può evidenziare come per coltivazione per ettaro le colture tipiche della Sibaritide, cioè pesche e clementine, permettano un guadagno di circa 3000 euro/ha, mentre l’orticoltura tipica del Pollino dai 5000 ai 10000/ha, delineando ancor di più l’opportunità che il Parco è in grado di offrire. Scopriamo così che accanto alle belle leggende che da sempre accompagnano l’uomo e i boschi, popolate da eroi, briganti, folletti e magie si apre lo spiraglio anche per una positiva realtà, tutta da conoscere e toccare con mano.

(Bruna Larosa)

Articolo partecipante al premio giornalistico La Voce della Bellezza e pubblicato su Calabria Produttiva – Klichè

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