Tremila bambini salvati da Jimuel: dalla Calabria alle Filippine passando per Pisa
Da Locri una bella storia di solidarietà e di impegno civile
Locri – Tremila. Non si dovrebbe iniziare un articolo con un numero. Si dice che stanchi il lettore, che renda la scrittura “pesante”. Eppure, nel caso di Jimuel, bisogna farlo. Jimuel Internet Medics for life è un progetto solidale che ha salvato oltre 3mila bambini partendo da un’intuizione: laddove la medicina non può arrivare, arriva Internet. L’idea è quella di usare le tecnologie informatiche per offrire un servizio di consulenza medica specialistica nei paesi in via di sviluppo, supportato da strutture, già esistenti, in cui operano suore missionarie.
Un primo esperimento è stato fatto, quasi cinque anni fa, a Manila, nelle Filippine, presso la missione “Madre Giuditta School” delle Ancelle Parrocchiali dello Spirito Santo. A loro e in particolare a Rita, madre generale, e a suor Pauline Reyes, responsabile dell’ambulatorio di Silang, è stata consegnata la prima computer-workstation. «Sono villaggi in cui è difficile effettuare il primo soccorso perché il centro medico più vicino può distare anche diverse ore di cammino», spiega l’ingegnere biomedico Giovanna Macrì della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, polo di riferimento in campo tecnologico in Italia e all’estero. «Attualmente, stiamo cercando di metterci in contatto con altri enti che operano nel settore umanitario perché riteniamo che Jimuel funzioni davvero», afferma ancora Giovanna Macrì.
A Manila, infatti, il progetto è stato capace di dare vita a una collaborazione concreta e tangibile con l’università locale di Santo Tomas, a cui i bimbi dalle condizioni di salute più precarie hanno potuto rivolgersi per ulteriori accertamenti. Un’assistenza medica remota, attraverso il web, i cui effetti però sono ben dimostrabili dai piccoli pazienti curati fino ad oggi e che ha come punti di forza costi sostenibili, professionalità ed efficienza.
Il dottor Isidoro Napoli, presidente dell’associazione, ha visto nascere la centrale telematica di Locri. È qui, infatti, che avviene la valutazione dei dati inviati dai collaboratori territoriali che effettuano, con parametri oggettivi, la visita del bambino. Successivamente la cartella clinica viene inoltrata alla rete dei colleghi membri che esprimono un responso. Infine, dopo un’analisi comparata delle diagnosi, il medico competente prescrive la cura più adatta.
«È un metodo non solo efficace, in quanto garantisce un parere medico professionale, ma anche economico. Telecamera, pc e skype sono alcuni degli strumenti per agire», dice l’ingegnere Macrì.
A questi si uniscono quelli “del mestiere”, nella veste più moderna: uno stetoscopio digitale, un elettrocardiografo collegabile al pc, un microscopio da computer con lente ad alta risoluzione e connessione usb.
Non è la prima volta che informatica e sanità si incontrano e Jimuel mostra di saper guardare alle potenzialità di un binomio che sta portando, sempre più e in diversi ambiti, la digitalizzazione nel quotidiano. In Italia aumentano gli ospedali che trasformano le cartelle cliniche in file e si accrescono gli studi sui sistemi di monitoraggio (microchip) indossabili. Tutto questo a vantaggio del paziente, che ne guadagna in riduzione delle spese e velocizzazione delle pratiche.
Ma, anche quando la medicina si mette al servizio della solidarietà, possono delinearsi ostacoli all’orizzonte. «Non è sempre facile parlare di qualcosa di nuovo, soprattutto perché siamo in un territorio delicato che vede la sanità rapportata ai minori; per cui è necessario muoversi con cautela per tutelarne lo status e la privacy – afferma Giovanna Macrì – noi, però, siamo molto ottimisti: speriamo di ripetere presto l’esperienza di Manila anche in Kenya, a Nairobi. Qui abbiamo avviato alcuni contatti con infermieri che operano in zona».
Sarà anche grazie a loro che bambini, altrimenti senza diritti, avranno una voce e una speranza.
Sito: www.jimuel.org
(Antonella Andriuolo)
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