In vino sodalitas: quando enogastronomia fa rima con sociale
Dai ragazzi di Sant’Egidio al “rosso” che ha il sapore della legalità
“Abbiamo imbottigliato a ottobre. È la prima volta che veniamo qui”. La scoperta del Vinitaly inizia dalla carrozza numero otto, dal racconto sul treno di un’imprenditrice siciliana che tradisce l’emozione di un battesimo del fuoco. Oltre i 95mila metri quadri di Palaexpo, il Vinitaly è anche altro. Ma dietro i numeri, ci sono le persone.
Dal rione capitolino di Trastevere, sono arrivati a Verona i ragazzi della trattoria “Gli amici”. Per loro, qui, è un debutto assoluto. C’è chi serve ai tavoli, chi cucina, chi fa il lavapiatti anche se, precisano, «pochi chef sanno quanto sia importante questo ruolo». Sono giovani con disabilità ma, prima ancora, sono amici. A proclamarlo la maglietta che indossano su cui campeggiano le domande “Abile? Idoneo? Capace?”. La risposta è una sola: “Amico”.
Dal 1991, la Comunità di Sant’Egidio è a capo di un’iniziativa che mira all’inserimento di persone con handicap nella filiera alimentare italiana. Con una fondamentale premessa: Federica, Pierluigi e l’intera squadra non si improvvisano. Sono padroni del proprio mestiere di cui hanno acquisito i rudimenti attraverso una formazione specifica. Storia del lavoro, ristorazione e igiene sono alcune delle materie che hanno studiato.
Nei piatti servono qualche sogno; chi vuole sposarsi, chi avere un fidanzato “alto e magro”, chi guidare una bella macchina. Lo raccontano in un video-documentario dal titolo “Valgo anch’io” che ripercorre le tappe di questa esperienza. Tutti, però, tengono alla professionalità. «Assenze? Pochissime», afferma Paola Scarcella, responsabile del progetto.
Tanti, invece, sono stati gli ostacoli che Francesco Galante, brand manager della Cooperativa Placido Rizzotto, ha dovuto affrontare: «Abbiamo ricevuto atti intimidatori ma non ci siamo scoraggiati. Due o tre anni di assestamento li consideriamo fisiologici». Persino le minacce diventano “fisiologiche” se i vigneti su cui si coltiva sono terre confiscate alla mafia.
È a San Giuseppe Jato, nel Corleonese, che ha sede una delle produzioni vinicole di Libera Terra, “Cento Passi”. Un’avventura iniziata dopo l’approvazione della legge 109 sul riuso sociale di patrimoni sottratti a Cosa nostra, ‘Ndrangheta e Camorra. Ma dopo un incipit difficile, le soddisfazioni: «Registriamo un fatturato di cinque milioni, reinvestendo l’utile nelle strutture. È un circuito virtuoso che crea posti di lavoro», conclude Francesco.
L’associazione Aurora onlus presenta in fiera il vino prodotto dalle uve di un terreno appartenuto al boss Michele Vitale, uno dei tre fratelli, recentemente arrestato, al vertice della cosca di Partinico. Oggi il Comune vuole ricominciare proprio da qui, da un Vinitaly che per i suoi 150mila visitatori è principalmente territorio, gastronomia e attenzione al consumatore ma che in questa edizione 2012, ancor più che nelle precedenti, ha posto l’accento su turismo responsabile, integrazione e pari opportunità. Una sorpresa gradita per chi, nell’attesa di degustare segreti, si lascia piacevolmente stupire da un calice solidale.
(Antonella Andriuolo)
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