Cultura della legalità e società multireligiosa
Cultura della legalità e società multireligiosa: questo il tema che il Cortile dei Gentili affronterà il prossimo 29 e 30 marzo nella sua tappa a Palermo. Il cortile dei gentili è una iniziativa attuata dal card. Gianfranco Ravasi , Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa per aprire un dialogo serio e rispettoso tra credenti e agnostici o atei dando così seguito a un’idea di Benedetto XVI espressa in occasione degli auguri alla curia romana per il Natale 2009: “Penso che la Chiesa dovrebbe anche oggi aprire una sorta di cortile dei gentili dove gli uomini possano in una qualche maniera agganciarsi a Dio, senza conoscerlo e prima che abbiano trovato l’accesso al suo mistero, al cui servizio sta la vita interna della Chiesa. Al dialogo con le religioni deve oggi aggiungersi soprattutto il dialogo con coloro per i quali la religione è una cosa estranea, ai quali Dio è sconosciuto e che, tuttavia, non vorrebbero rimanere semplicemente senza Dio, ma avvicinarlo almeno come Sconosciuto”. Molte le iniziative di dialogo e riflessione comune realizzate da quando il cortile è nato, a fine 2011 .
Il cortile dei Gentili, che era il luogo che nella sinagoga disponibile per i non ebrei, è diventato così, anche attraverso questo sito, un ponte per valicare diffidenze e incontrare i lontani. Credenti e non credenti stanno su territori differenti, ma non si devono rinserrare in un isolazionismo sacrale o laico, ignorandosi o peggio scagliandosi sberleffi o accuse, come vorrebbero i fondamentalisti di entrambi gli schieramenti.
La parola Gentili designa nel linguaggio ecclesiastico i non-ebrei, ossia i pagani che si erano accostati al cristianesimo: il termine deriva dal latino gens nel senso di “nazionalità straniera” in opposizione al populus Romanus.
Per comprendere la realtà del “Cortile dei gentili” – per certi versi simile al nostro “sagrato” aperto a tutti, anche ai non credenti – dobbiamo riferirci alla planimetria del tempio di Gerusalemme, soprattutto nella tipologia offerta dall’imponente edificio voluto dal re Erode a partire dal 20 a.C. e distrutto nel 70 d.C. dalle armate romane di Tito. Là, infatti, oltre alle aree riservate alle donne, agli Israeliti, ai sacerdoti e al santuario propriamente detto, si apriva uno spazio al quale potevano accedere i pagani in visita a Gerusalemme. In questo recinto c’ era un divieto analogo alle segnalazioni attuali con l’avviso di “pericolo di morte” o di “zona militare” invalicabile: “Nessuno straniero (alloghenés) penetri al di là della balaustra e della cinta che circonda l’area sacra (hierón). Chi venisse sorpreso [in flagrante] sarà causa a se stesso della morte che ne seguirà.” La pena capitale era automatica, senza regolare processo ma con una sorta di linciaggio affidato alla folla ebraica.
Quel simbolo di apartheid e di separatezza sacrale che era il muro del “Cortile dei gentili” è, quindi, cancellato da chi nella Chiesa cattolica vuole eliminare le barriere per un incontro nell’armonia tra i due popoli.
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