Colori per sognare la libertà
La libertà è il multicolore che contrasta col giallo che si ripete monotono sulle sbarre, sui telai delle finestre, su quei portoni pesanti che sembrano ancor più grevi quando la grossa chiave entra nella toppa e, nei corridoi, rimbomba il rumore della serratura che si chiude. La libertà è fantasia. Sono ulivi da cui sgorga acqua, sono angeli che si materializzano, è un seno che fuoriesce da una veste. La libertà sono pennellate vigorose, decise, che seguono disegni preparatori, perché limiti e confini ci sono comunque e le regole pure. E con lalibertà non devono contrastare. È tutto questo – dal trionfo delle tinte al bisogno di svago – che caratterizza la Bottega di pittura, un progetto intelligente che diventa eccezionale qui in carcere, o meglio nella casa di reclusione di San Michele, ad Alessandria. L’artefice è Piero Sacchi che ogni giovedì, dalle 13 alle 15, ha un appuntamento da questa parte delle sbarre con una decina di persone, che aderiscono all’iniziativa «perché è un momento spensierato» e comunque «un modo per avere un contatto con l’esterno».
Parallelamente, Sacchi lavora con alcune classi della scuola primaria Galilei, al quartiere Pista. Reclusi e bambini, con tempi, modalità ma soprattutto, consensazioni ed emozioni differenti, si impegnano per lo stesso fine: realizzare le tele per la chiesa del carcere di San Michele. Quindici in tutto: dieci di 240×110 centimetri e cinque di 150×100. Impreziosiranno tre pareti di questo luogo diculto raggiungibile solo dopo avere superato un dedalo di corridoi e cancelli. È chiesa, certo, ma è pursempre carcere. Il committente, la curia vescovile, probabilmente a ottobre inaugurerà l’opera finita. Sono i tempi che spera di poter rispettare Piero Sacchi, questo signore con la barba bianca che qualcuno qui chiama «maestro». «Una brava persona» assicura un recluso. Ma, al di là dell’artefice della proposta, è la proposta stessa a essere vincente: «Due ore a settimana sono un’occasione per staccare dalla routine, dalla quotidianità» ammette un giovane. E vengono in mente le parole dei volontari dell’associazione Betel o del cappellano don Giuseppe Bodrati: «La malattia mortale in carcere è la noia». E allora, per gente che deve scontare una pena, da Javier che ha quasi pagato il suo conto per intero, a Giuseppe che ha ancora 4 anni di galera, al suo amico che uscirà solo nel 2023… due ore settimanali di pittura possono avere le fattezze di una benedizione.
«Non sapevo che in carcere si sarebbe potuto realizzare qualcosa del genere -racconta uno dei provetti artisti. Purtroppo non sempre abbiamo la predisposizione alla pittura. La mente spesso ci porta altrove. Certamente questa è una bella opportunità per noi, senza dimenticare che realizziamo qualcosa che resta». E rimarrà in questa chiesa attualmente disadorna, che non è rifiutata dai musulmani o da chi pratica altre confessioni, perché uno dei miracoli che riescono al laboratorio dipittura è superare le barriere della religione, oltre a quelle che, da altre parti, vengono alzate con la scusa dei confini territoriali e del colore della pelle. Certo, ci vogliono anche pazienza e diplomazia, quelle doti che cerca dimettere in campo Piero Sacchi. Che insegna e non impone. Di più: lascia scegliere. Le pennellate sono frutto di discussione: “Meglio così, anzi no è meglio in quest’altro modo”.‘Insieme’, parola che in città va di moda, è realtà qui, dove della città c’è poco o nulla. E allora non mancano riferimenti alla Bibbia ma neppure al Corano (Maria che partorisce sotto una palma, ad esempio) e, se si osserva l’opera con attenzione, si scoprono messaggi, «perché sembra quasi che i reclusi dipingano ciò che a loro manca» spiega Sacchi, riferendosi a nuclei famigliari o a quegli angeli simbolo di libertà. O a quell’ulivo, che vuol dire resistenza e sopportazione. Lo ha realizzato Giuseppe. Dicono sia l’artista migliore. Si schermisce, lui, ma racconta che nella sua città, Palermo,quand’era ragazzo vinse un premio riproducendo un’opera di Guttuso. S’aggrappa al passato per alleviare questo presente di grevi portoni gialli e chiavistelli che rimbombano.
(Massimo Brusasco)
Articolo partecipante al premio giornalistico La Voce delle Bellezza e pubblicato su Il Piccolo
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