La Casina delle Civette, un piccolo gioiello nel cuore della Capitale
Situata nel cuore dei giardini Romanidi Villa Torlonia, la casina delle Civette fu ideata su commissione del principe Alessandro Torlonia da Giuseppe Jappelli nel 1840, al cui progetto nel 1917 l’architetto Vincenzo Fasolo aggiunse le strutture del fronte meridionale, creando un fantasioso apparato in stile liberty.
Il complesso è composto di due edifici, il villino principale e la dipendenza, collegati da una piccola galleria di legno e da un passaggio sotterraneo.
Dal 1916 l’edificio cominciò a essere chiamato “Villino delle Civette”, per la ricorrenza quasi ossessiva del tema delle civette nelle decorazioni e nel mobilio, e per la presenza della vetrata con due civette stilizzate, tema voluto dal principe Giovanni, amante dei simboli esoterici.
La presenza delle vetrate prevale tanto da costituire l’elemento distintivo dell’intero edificio: installate tra il 1908 e il 1930, rappresentano l’evoluzione della tecnica delle vetrate in quel periodo e raffigurano molteplici temi, da “Civette”, “I migratori” e “La fata” di Duilio Cambellotti, “Cigni” e “Pavoni” di Umberto Bottazzi, “Rose, nastri e Farflle” e “Ali e fiamme” di Paolo Paschetto, fino al mondo simbolico di “L’idolo” creato da Vittorio Grazzi.
I tetti dell’edificio, altro elemento distintivo del complesso, sono il frutto di diverse soluzioni architettoniche, unificate dalla tonalità grigia del manto di finitura, originariamente in ardesia, poi in eternit; in contrapposizione ai toni grigi, sono presenti tegole dagli accostamenti di cromie particolari: turchese e bordeaux, blu e verde, giallo e verde, rosa e turchese.
Quando, nel 1970, il Comune di Roma acquisì la Villa, sia gli edifici sia il parco erano in condizioni disastrate a causa dell’occupazione delle truppe anglo-americane iniziata nel 1944 e durata per oltre tre anni; l’incendio del 1999 ha ulteriormente aggravato le condizioni di degrado del complesso.
L’immagine odierna è il risultato di un lungo lavoro di restauro iniziato nel 1992 e terminato nel 1997, che ha restituito alla Capitale uno dei maggiori esempi di arte e storia italiana.
Clara Cosenza
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