Hortus Urbis, sulla via Appia l’orto ai tempi dei romani
Ruta, rafano o achillea. Piante ignote ai romani d’oggi. Conosciutissime invece dai loro concittadini vissuti duemila anni fa. Erbe che venivano smerciate dalla Città eterna verso i quattro angoli del mondo allora conosciuto. Molto probabilmente attraversando proprio quella via Appia antica, dove oggi, nell’omonimo parco accanto alla millenaria arteria, è sorto un orto storico che riprende fedelmente gli antichi giardini che ornavano la Roma imperiale. Quelli di Zappata romana hanno fatto un lavoro di precisione. E così Plinio il vecchio e Catone alla mano, sono andati a cercare tutte quelle piante “ornamentali o culinarie, medicinali o simboliche utilizzate nei secoli passati” racconta Silvia Cioli di Zappata romana. E l’effetto, per tutti, è sorprendente. Hortus urbis, il nome del progetto presentato domenica 23 settembre, è un museo vivo, colorato ma soprattutto profumato.
All’ingresso dei 16 orti non poteva mancare il pungitopo. Una pianta cespugliosa, sempre verde e con le estremità pungenti. Ed è grazie alle estremità aguzze che questo arbusto deve la sua fama tra gli antichi romani: “ Il pungitopo – spiega Cioli – veniva piantato all’ingresso delle ville romane affinché gli spiriti malvagi, intrappolati tra le spine della pianta, non entrassero in casa”. Con vestiti di fantasia, ad accogliere visitatori e curiosi, ci sono i bambini. I maschietti travestiti da cavalieri e le femminucce da principesse. “Questo spazio – sottolinea Cioli – è stato pensato per loro. Stanno a contatto con la natura, imparano elementari tecniche di piantagione e la storia di Roma”. È un attimo e i bambini deposte le corazze impugnano le zappe. Con la supervisione degli adulti tracciano i solchi e piantano i semi. Ma assieme alla terra qui è coltivata anche la conoscenza. E i grandi con i piccini apprendono che “l’achillea – racconta Cioli – era utilizzata da soldati e gladiatori come rinvigorente prima di una battaglia o un duello. Oppure che la ruta serviva a insaporire i liquori. Mentre la radice del rafano era una prelibatezza dell’antica cucina romana”.
E poi, spiega Cioli, c’è il digitale rosso impiegato per curare le malattie del cuore o la boragine, usata anch’essa, come erba medicinale. Ma nell’aria si sente anche il profumo delicato delle viole dai petali bianchi e blu. Dello stesso colore delle verbene. “I fiori di questa pianta – sottolinea Cioli – erano adoperati per le corone delle spose nella Roma di Cesare”. Gli ortaggi coltivati, alla fine, verranno usati dai bambini per fare le insalate. “Zappano, seminano, innaffiano, coltivano e raccolgono. Capiranno che la verdura non cresce sui banconi dei supermercati. Comprenderanno il tempo e l’impegno che ci vuole per fare un’insalata”. Un’insalata con gli ingredienti dell’antica Roma. Quindi niente pomodori. “E così gli spiegheremo che il pomodoro è stato importato in Europa dopo la scoperta delle americhe”. La rucola, invece, quella c’era: “Questa sì – racconta Cioli sorridendo – apprezzata dagli antichi romani e per niente sconosciuta a quelli di oggi”.
(Giuseppe Scarpa)
Articolo partecipante al premio giornalistico La Voce della Bellezza e pubblicato su Wired.it
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