A Barletta l’odore della luce nella pittura dell’800
“L’odore della luce è quello che si espande in un campo di fieno appena tagliato, in un giardino dove le lame del sole illuminano l’humus del sottobosco, nel -l’afrore dolce del gelsomino estivo. E’ la sensazione che promana da una certa pittura a cavallo del secolo, ancora legata ai canoni macchiaioli ma già proiettata verso il nuovo del dopoguerra”. Inizia così, sul sito del Comune di Barletta, l’articolo di presentazione della mostra L’odore della luce” (dal 5 maggio al 19 agosto a Palazzo della Marra, sede della Pinacoteca “Giuseppe De Nittis” di Barletta), che ha due co-protagoniste: la donna e la natura, ad occupare una scena fatta di quotidiana straordinarietà, sullo sfondo di nuove certezze, in decenni destinati a cambiare il mondo e ad assistere al nuovo ruolo che in esso si vanno conquistando le donne.
“La luce che illumina l’olfatto – si legge nella bella presentazione – è una splendida sinestesia, un caso di intersensorialità «indotta», che gioca sull’idea che dai prati, dai campi e dai giardini delle opere della mostra emanino luci odorose e profumi luminosi. Tanto più splendida la sinestesia per il fatto che quella luce odorosa illumina e avvolge figure femminili anch’esse profumate di luce e illuminate di odori.
Anche in quell’universo apparente immutabile che è la società contadina, tanto al sud quanto al nord del nostro Paese. Non a caso Emanuela Angiuli ha scelto per questa affascinante esposizione di aprire un focus sul “Mondo femminile nella pittura dell’Ottocento e del primo Novecento“, in Italia. Qui risalta la descrizione profondamente evocativa ed emozionale della piccola borghesia della provincia italiana e del mondo contadino. Lungo le quattro sezioni tematiche: sentimenti, i lavori del giorno, prati e giardini, confidenze, passa, come in un fil d’atmosfera, l’altra metà del mondo, una metà che, forse per la prima volta, è veramente consapevole del suo contare, della fine di una millenaria subalternità.
Nelle sale della Pinacoteca “De Nittis” a Palazzo della Marra, in quel di Barletta, gli artisti raccontano, spesso con sensibilità confidenziale come in un palinsesto figurativo, i loro momenti più personali ed intimi: l’adolescenza, il lavoro, le ritualità dei sentimenti. Mentre nuovi movimenti intellettuali, mutamenti politici e culturali investono l’Italia che tra 1800 e 1900 portano le donne, nobili o popolane, ad assumere ruoli di primo piano, la pittura registra immagini eloquenti della storia e delle condizioni nelle quali si esprime il mondo della provincia.
A partire dalle donne, l’osservazione invade inevitabilmente vari campi di interesse storico, letterario ma anche demo-etnoantropologico e sociale. La pittura si fa registro della conoscenza degli usi e costumi delle tradizioni locali mediante una molteplicità di linguaggi che interferendo col vivere quotidiano, offrono la qualità di un complesso e variegato territorio culturale.
Osservando questi dipinti, emerge una realtà che, dopo l’Unità d’Italia, è fortemente legata alle società rurali e alle tradizioni della provincia che trovano eco alla narrativa veristica di Giovanni Verga, di Luigi Capuana scopritore del romanzo sperimentale di Zola e diffusore del naturalismo, al verismo di Matilde Serao, Grazia Deledda, Mario Pratesi, Renato Fucini.
Il «fiume della vita» scorre nella pittura italiana dell’Ottocento a volte dentro scenari immortalati nella sensibilità di un divertissement sentimentale, oppure attraverso una rêverie di artisti che trasformano paesaggi e ritratti in un teatro delle emozioni, in cui realtà e immaginazione concorrono all’espressività pittorica dei sentimenti.
Accade che il rigido realismo cede il passo al gioco delle impressioni per cogliere in tempo reale la fuggevole vibrazione di una luce o di un colore, fino a condurre l’euforia emotiva instillata nelle figure, ai linguaggi del simbolismo. La particolarità della rassegna, infatti, sta nella ricca stagione della cultura figurativa italiana tra il XIX e il XX secolo, capace di dialogare con molte correnti pittoriche, dalla napoletana Scuola di Posillipo ai macchiaioli toscani.
Con una tecnica pittorica diversa come quella divisionista, pittori come Pellizza e Morbelli sono riusciti a trasfigurare la realtà, pur rappresentata con metodo scientifico nell’analisi della luce e del colore, unendo alla resa di particolari fenomeni luministici, una forte suggestione sentimentale. Questa dimensione lirica, certamente ispirata anche dalla letteratura, in particolare di D’Annunzio e Pascoli, giunge alla visione divisionista e poi simbolista di Plinio Nomellini con la sua bellissima “Lucilla“, dove la donna seduce con uno sguardo intenso e fuggente mentre il corpo e il volto appaiono vaporizzarsi nella vegetazione rigogliosa, in una trasfigurazione dal sapore simbolista.
Un percorso nei mondi femminili che entrando nel ‘900, si conclude con “La passeggiata amorosa” di Pellizza da Volpedo, sospesa sul prato di luce, mentre s’avanza, ormai simbolo della sfuggente armonia tra uomo e natura. (clicca qui per la cartella stampa).
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