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Da Ravenna Dante continua a parlare all’Italia

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31/07/2012

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Da Ravenna Dante continua a parlare all’Italia

Ravenna da oltre cinquecento anni custodisce i resti del più grande tra i poeti italiani.  È un piccolo tempietto classico, a base quadrata su cui poggia, delicata, una cupola. Una quadratura del cerchio, una chiusura metafisico-architettonica per ospitare il corpo di un uomo che ha dato tanto e ha raccolto così poco. Ed è per questa combinazione che questo tempietto è un luogo della bellezza da raccontare. Costruita tra il 1780 e il 1981, per volontà del cardinale Luigi Valenti Gonzaga da Camillo Morgia, la tomba di Dante Alighieri poggia su un’opera preesistente. Un sepolcro del quattrocento eretto per volontà del potestà di Ravenna Bernardo Bembo.

Si affaccia sul lato destro del chiostro di Braccioforte quasi con umiltà. Osserva i passanti da centinaia di anni con disinvoltura. È un monumento, un chiodo sul muro del tempo. i parla spesso di Dante. Roberto Benigni ne rinnova la grandezza in ogni luogo: dalle piazze italiane, alla televisione, al Parlamento europeo. E ci racconta anche, qui e là, dell’uomo Dante, dei suoi dolori di ramingo. Anche alle sue ossa fu riservato un destino di peregrinazione. Tenuto in grande onore dai ravennati, dopo l’ascesa al papato di due fiorentini della famiglia de’ Medici, Firenze ottenne il permesso di traslare le ossa del Poeta.  Ma all’arrivo della delegazione fiorentina i frati avevano già tolto il contenuto dal sarcofago.

I suoi resti ancora non trovarono pace nel XIX secolo. Dopo la soppressione napoleonica dell’ordine francescano, i frati nascosero le ossadel Poetadietro una porta murata, riscoperta, per caso, durante i lavori di restauro per il quinto centenario della morte di Dante. Ancora niente requie durante la seconda guerra mondiale. Per salvaguardare il tesoro custodito da secoli nella città, i frati decisero di interrare le ossa, per proteggerle dagli urti e dalle deflagrazioni dei bombardamenti. Furono dissotterrate a fine conflitto. Pare che il corpo di Dante abbia assunto su di sé il compito di simboleggiare un legame metafisico coi dolori della sua terra. Nascosto,  trafugato,  protetto ha condiviso i momenti peggiori della storia italiana anche dopo la morte.

Ora è tornato a riposare lì, a Ravenna, amando, non riamato, la sua Firenze: “I diritti della monarchia, i cieli, e le acque di Flegetonte visitando cantai finché volsero i miei destini mortali. Poiché però la mia anima andò ospite in luoghi migliori, ed ancor più beata raggiunse tra le stelle il suo Creatore, qui sto racchiuso,  Dante, esule dalla patria terra, cui generò Firenze, madre di poco amore“.

(Leonardo Rossi- LumsaNews)

 

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