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Valerio Rossi Albertini: puntare sulle energie alternative

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08/09/2012

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Valerio Rossi Albertini: puntare sulle energie alternative

Valerio Rossi Albertini è Fisico nucleare, primo ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche, professore incaricato di Chimica Fisica dei Materiali all’Università “La Sapienza” di Roma, e direttore del laboratorio di spettroscopia di raggi X, Area di Ricerca di Tor Vergata del CNR, Roma. Nel 2010 è stato incluso nella 37° edizione del prontuario ” Who’s Who in the World“, che raccoglie le biografie delle personalità più eminenti nei rispettivi settori di attività.

Alghe, biomasse, eolico, fotovoltaico. Tanti nomi, ma in concreto in Italia come siamo messi con l’energia alternativa? “La partita dell’Italia si gioca sul campo dell’alta tecnologia: Noi abbiamo sempre precorso i tempi, forse ce ne siamo dimenticati. Dobbiamo affermare la nostra specificità, altrimenti saremo colonizzati.  Probabilmente dai cinesi che, al contrario di quanto accade qui, stanno investendo moltissimo nel settore”.

Le possibilità di competere ai massimi livelli ci sono? “Sì, ma è tempo di accelerare, ad esempio i nuovi pannelli fotovoltaici che utilizzano la plastica invece del silicio costano già il 20% in meno e andrebbero perfezionati per la produzione su scala industriale”.

La questione è quindi politica? “Certo, anche: serve una struttura organizzativa, una cabina di regia che faccia da raccordo tra istituzioni, organismi confederali, società civile per una strategia unitaria”. “Manca una figura ad hoc, penso a un ministro per l’energia. Negli Stati Uniti è il premio Nobel Steven Chu, con ampie deleghe affidategli dal presidente Obama. Fondamentale poi è diffondere l’informazione per aumentare la soglia di consapevolezza. E il rischio  è che a sanare il nostro debito saranno proprio i cinesi. Mi chiedo: a che prezzo?”.

Il futuro dell’energia. Guida alle fonti pulite per chi ha poco tempo per leggere” è il libro scritto a quatro mani con Mario Tozzi, dove vengono spiegate le energie rinnovabili di oggi e domani in modo  divulgativo e accattivante. Qual è l’ obbiettivo di questo libro dallo spirito così narrativo? La questione dell’energia non è un problema marginale o transitorio, di cui si possa discutere a tempo perso o in modo discontinuo e frammentario. Al contrario, rappresenta la madre di tutte le sfide che i paesi avanzati devono prepararsi a fronteggiare nel prossimo mezzo secolo. D’altra parte, se sapientemente gestita, la riconversione energetica costituisce un’opportunità di cambiamento non solo nei modi di approvvigionamento, ma anche degli scenari economici futuri. Centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro, maggiore democrazia nel controllo dei mezzi di produzione e uno stile di vita più compatibile con le esigenze del pianeta. Tutti temi che richiedono la partecipazione attiva della società civile, che deve essere informata in modo chiaro e comprensibile. Ecco perché abbiamo privilegiato il linguaggio e gli strumenti della narrativa e della dialettica, a quelli della scienza e della tecnologia.

Qual è stata la difficoltà maggiore di questo lavoro? Proprio il trovare linguaggi semplici ad allo stesso stesso tempo accattivanti per i non addetti ai lavori, perché la chiave di tutto è capire che l’energia non è qualcosa che riguarda solo gli scienziati e la ricerca, ma ciascuno di noi.

Ogni società ha bisogno di energia per funzionare. Finora l’approvvigionamento è stato garantito dalle riserve di combustibili fossili. Perché non è più possibile continuare a fare affidamento su queste risorse? I guasti che l’uso intensivo dei combustibili fossili ha prodotto in termini di inquinamento è così evidente che non è qui necessario ribadirli. Altre forme di avvelenamento ambientale di terreni, falde e corsi d’acqua sono meno percettibili, ma non necessariamente meno dannosi. A questi va aggiunto l’effetto invisibile delle emissioni di gas serra, che stanno producendo il surriscaldamento del pianeta. La riconversione energetica è dunque necessaria e urgente. Rinviarla significa posporre la soluzione di un problema ineludibile, perché le scorte sono comunque destinate a esaurirsi, aggravando lo stato attuale senza alcun vantaggio.

Perché il nucleare non può essere l’alternativa energetica? I motivi sono numerosi, alcuni di carattere generale, altri legati al contesto italiano. Tra i primi, la pericolosità intrinseca di ogni centrale nucleare; la difficoltà di smaltimento delle scorie; il fondato sospetto che, anche in condizioni di regolare esercizio di una centrale, la popolazione residente nelle zone circostanti sia esposta a rischi per la salute; il fatale esaurimento delle scorte di combustibile nucleare, al pari di quelli fossili; il mantenimento dell’oligarchia energetica. Per quel che riguarda l’Italia, occorre aggiungere che il paese non dispone di riserve proprie, per cui non si renderebbe energeticamente autonomo neanche in questo caso.

Quali sono invece le rinnovabili tradizionali che potrebbero davvero fare fronte al fabbisogno di energia di una società industrializzata? Ci sono degli esempi virtuosi? Con uno slogan si potrebbe dire: “Tutte quelle che imbrigliano le forze della natura, nel rispetto della natura”. Vento, acqua, calore della terra e raggi del sole. I calcoli e le simulazioni eseguite dimostrano che è un traguardo raggiungibile, in un arco di tempo ragionevolmente breve, dell’ordine dei quarant’anni, lo stesso che ci separa dallo sbarco sulla Luna. Passato, forse, remoto, ma non preistoria. Esempi ce ne sono diversi. Per limitarsi all’Italia, possiamo ricordare che tra le due guerre, fino al 95% dell’energia elettrica era prodotta delle centrali idriche delle Alpi, quindi avevamo già centrato il traguardo e sarebbe bastato adeguarsi progressivamente alle accresciute esigenze, anziché impigrirsi bruciando carbone…

Un intero capitolo del libro è dedicato alle “energie rinnovabili innovative”. È una prospettiva concreta per il sistema energetico del nostro futuro? Le fonti rinnovabili innovative sono fonti di energia due volte nuove: le soluzioni rivoluzionarie al problema energetico che la tecnologia del terzo millennio già ci offre, inimmaginabili solo venti anni fa. Scienza dei materiali, nanotecnologia, biologia, informatica, elettrochimica formano un cocktail di discipline nuove e tradizionali che ci consente un approccio originale al problema. Oggi si può già parlare di pannelli fotovoltaici basati su materiali plastici, più economici ed ecocompatibili di quelli tradizionali in silicio; di dispositivi che usano idrogeno, producendo direttamente energia elettrica, senza produrre calore e avendo come solo prodotto di scarto (si fa per dire) vapore d’acqua. E poi, ancora, di celle che mimano l’azione delle foglie per accumulare l’energia del sole e di altre che sfruttano le capacità dei batteri per produrre energia e, simultaneamente, purificare le acque. Un universo di opportunità ancora tutto da esplorare…

 Vanessa Quinto

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