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“Uomini che inseguono le donne”, 8 marzo a Ferrara

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07/03/2013

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“Uomini che inseguono le donne”, 8 marzo a Ferrara

Vasi attici della necropoli di SpinaPotrebbe essere un significativo 8 marzo, per uomini e donne, visitare una mostra che al Museo Archeologico Nazionale di Ferrara sta riscuotendo un grande successo. E’ intitolata  “Uomini che inseguono le donne. La non-immagine della violenza sulle donne sui vasi attici dalla necropoli etrusca di Spina”, curata dall’archeologo Mario Cesarano.  La mostra  è inserita tra le iniziative della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne all’interno di un percorso che la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia-Romagna ha intrapreso a sostegno dell’attività delle Istituzioni e delle Associazioni impegnate nella difesa dei diritti delle donne.

Cesarano ha selezionato, tra i reperti vascolari del museo, quelle raffigurazioni in grado di documentare, nel mondo etrusco, il riconoscimento di una dignità della donna non vilipesa come purtroppo sempre più spesso accade oggi.
Ne è nato un percorso suggestivo, che attraverso le immagini raffigurate su 19 vasi, mostra in vetrine tematiche, i sei argomenti fondamentali dell’esposizione: I modelli iconografici del mito, L’inseguimento amoroso, Cacciatori e prede, Teseo: l’efebo per eccellenza,  Tutto per volontà degli dèi, La violenza come empietà
Al termine del percorso espositivo, l’immagine di una musa riafferma, attraverso la sua grazia e femminilità, i valori della dignità della donna.
Tra i vasi esposti, segnaliamo per il loro significato simbolico, la grande kylix con il rapimento di Ganimede da parte di Zeus del Pittore di Pentesilea, il cratere a campana con il ratto delle Leucippidi, il cratere con la rara rappresentazione del rapimento di Elena da parte di Teseo, opera del Pittore di Boreas, e lo splendido cratere su piedistallo della tomba 136A di Valle Pega con Aiace che trascina via Cassandra nell’ultima notte di Troia.
Originale anche l’approccio del curatore della mostra al tema da trattare. Se l’oggetto è la rappresentazione della violenza sulle donne nella ceramica attica, si è chiesto Cesarano, come viene rappresentata dai ceramografi attici, e soprattutto, viene rappresentata?  E visto che, dopo quelle di caccia e battaglia, le scene in cui uomini inseguono o rapiscono donne sono le più diffuse, dobbiamo interpretarle come scene di violenza oppure c’è altro dietro quelle immagini?
La ceramica cosiddetta attica (dalla regione greca in cui sorge Atene), la più diffusa tra le suppellettili recuperate nelle sepolture di Spina tra il V e il IV sec. a.C., testimonia il confronto tra le classi emergenti del centro etrusco-padano e i valori politico-culturali che erano alla base della cultura greco-ateniese e che trovavano la sintesi espressiva più felice nelle scene raffigurate sui vasi.
Quanto di quella cultura ateniese fosse condiviso dagli Etruschi di Spina, quanto le paradigmatiche immagini vascolari venissero da loro culturalmente rielaborate e adattate alle proprie esigenze è, e sarà per molto tempo ancora, argomento di studio e di ricerca.
Quel che è certo è che gli Spineti sapevano decifrare il significato delle immagini poste sui vasi attici in maniera immediata.
Noi invece dobbiamo osservarle attentamente e confrontarne tante prima di giungere a comprendere i messaggi che ogni singolo vaso poteva veicolare.
Man mano che avanziamo nella ricerca scopriamo che le scene sui vasi raccontano storie di déi e di eroi, e non fatti di cronaca. Ma scopriamo anche che déi ed eroi sono per immagini la sintesi narrativa del complesso intreccio culturale e sociologico a cui si aggancia la vita reale degli uomini e delle donne dell’antica Atene (e non solo di Atene), protagonisti di fatti di cronaca, che le immagini narrano senza mostrare.
Ecco il senso di quel “non-immagine” del titolo della mostra, che mette insieme una serie di vasi che pongono “sotto i nostri occhi” scene in cui, pur non comparendo esplicitamente la violenza sulle donne, è rivelata la condizione sociale da esse subita.

La mostra è realizzata con la collaborazione fondamentale del GAF (Gruppo Archeologico Ferrarese), dell’Associazione Bal’danza e della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. L’iniziativa sostiene il Centro Donna Giustizia di Ferrara.

s.f.

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