Un milione di posti di lavoro, un’idea dalle Università
Ottocentomila nuovi assunti, forse un milione di giovani chiamati dallo Stato e destinati al miglioramento della produttività complessiva del sistema Italia. E’ la proposta – rivoluzionaria per i tempi che corrono – che sta cominciando (faticosamente) a circolare in ambiente accademico, in particolare torinese, e che è emersa almeno due volte a livello di opinione pubblica (con un intervento a firma di Ugo Mattei, Francesco Scacciati e di Guido Ortona su Sbilanciamoci e con un intervento di Luciano Gallino sul Manifesto, da lui poi ripreso al convegno di ALBA di Torino dei primi di ottobre.
La trovate, pubblicata proprio ieri sul blog di “Io voglio restare”, il sito che sempre ieri ha avuto il suo momento di massima notorietà con l’iniziativa che si è svolta a Firenze alla Fortezza da Basso e di cui riferiamo nelle pagine News di questo giornale on line.
L’articolo è di Guido Ortona, professore ordinario di politica economica all’Università del Piemonte Orientale. “Si tratta di questo: lo Stato – scrive il prof. Ortona – dovrebbe assumere alcune centinaia di migliaia di lavoratori (noi proponevamo 800.000, Gallino 1.000.000), da destinare al miglioramento della produttività complessiva del sistema Italia. Si pongono ovviamente tre problemi: perché farlo; come farlo; e dove trovare i soldi”.
Perché farlo. Non molti sanno – osserva Ortona – che il numero di pubblici dipendenti in Italia è oggi eccezionalmente basso: secondo dati BIT, nel 2008 (ultimo anno per cui si hanno dati omogenei) essi erano in Italia 3.600.000, contro rispettivamente 6.030.000 [nel 2006] e 5.780.000 di paesi paragonabili come la Francia e il Regno Unito; persino gli USA avevano un numero di pubblici dipendenti pro capite maggiore dell’Italia, anche escludendo il personale militare.
Come farlo. “E’ evidente – scrive Ortona – che non ha senso discutere qui delle tecnicalità della proposta (norme concorsuali, tipo di contratto, ecc.); tre punti però sono importanti. Il primo è che gli assunti devono essere in forza a una (credibile) autorità centrale, che li assegni alle varie amministrazioni locali e centrali sulla base di progetti accuratamente valutati dall’autorità stessa. Questo per evitare clientelismi e sprechi, e la giustificata opposizione politica che si avrebbe nel caso di altre modalità. Il secondo è che questo personale dovrebbe essere in aggiunta, e non sostitutivo, dell’attuale personale precario (il che comporta dei problemi, risolvibili, di revisione dei contratti di questi ultimi). Il terzo è che il personale deve essere opportunamente riqualificato, ove necessario; e questo percorso di addestramento deve essere parte del rapporto di lavoro, come normale in qualsiasi mansione qualificata. Per capirci: non bisogna mandare allo sbaraglio alcune migliaia di neolaureati in economia come ispettori fiscali: bisogna prima insegnare loro il mestiere”.
Dove trovare i soldi. Si tratta di trovare circa 16 miliardi di euro Ortona suggerisce che questa cifra venga reperita con un’imposta patrimoniale sulla sola ricchezza mobiliare (titoli, depositi, ecc.; quindi non sulle abitazioni). Essa infatti corrisponde allo 0.45% della ricchezza mobiliare degli italiani, stimata dalla Banca d’Italia a 3.600 miliardi. Un cittadino che avesse un patrimonio mobiliare di 100.000 euro dovrebbe pagare 450 euro all’anno, ovvero 37 euro al mese, o se si preferisce 1,23 euro al giorno.
“Credo – scrive Ortona – che gli italiani sarebbero disposti a farlo, se fosse chiaro (e attendibile) che questo è il prezzo da pagare per eliminare la piaga della disoccupazione giovanile”. Ortona ricorda, tra l’altro, che secondo l’associazione di categoria del Private Banking la raccolta private, cioè quella dei molto ricchi, è al suo massimo storico, con 900 miliardi di raccolta complessiva, un patrimonio mobiliare medio di circa un milione e mezzo e circa 600.000 depositanti, ovviamente ricchissimi. Una tassazione di questi patrimoni con un’aliquota dell1% fornirebbe più della metà delle risorse necessarie.
Infine il prof. Ortona fa notare che questa manovra avrebbe anche un effetto positivo su quella che possiamo chiamare la psicologia del PIL. Il trasferimento di 16.1 miliardi dalla ricchezza al reddito farebbe aumentare istantaneamente il PIL di più di un punto percentuale, e farebbe scendere il rapporto debito/pil di mezzo punto circa. Una presentazione più ampia e articolata della proposta dei professori del Nord Ovest si trova nel sito di Sbilanciamoci.
Che dire di questa proposta? Se pensiamo ai centinaia di ragazzi che si sono riuniti ieri alla Fortezza da Basso di Firenze e alle migliaia di altri ragazzi che li hanno seguiti su Twitter e hanno aderito alla manifestazione non possiamo che essere favorevoli, purché non si tratti – appunto – di far ingrossare le fila dei burocrati della pubblica amministrazione. E il rischio c’è, indubbiamente.
Certo è che bisogna fare assolutamente qualcosa, e subito, per i milioni di ragazzi italiani che non sono né “bamboccioni né choosy – come ha scritto ieri Chiara Merico su Il Fato quotidiano.it – bensì membri a vario titolo di quella che è stata efficacemente definita ‘la generazione perduta’, ma che rifiutano una sconfitta che sembra già scritta”. (l.p.)
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