Sassuolo e la ceramica, l’Emilia studiata ad Harvard
Dal 25 al 29 settembre al Cersaie di Bologna, la più importante Fiera del mondo dedicata al settore della ceramica , le aziende della Piastrella Valley intorno a Sassuolo, in Emilia, ci saranno tutte. Anche quelle devastate dal terremoto che all’inizio dell’ estate ha buttato giù in un attimo – per esempio – il magazzino verticale automatizzato alto 30 metri, orgoglio della Ceramica Sant’Agostino. In pochi secondi sono andate in pezzi mattonelle che avrebbero riempito 1400 tir, con un danno da 50 milioni di euro. Con la Sant’Agostino della famiglia Manuzzi altre aziende duramente colpite dal terremoto hanno potuto riprendere rapidamente la produzione contando sulla solidarietà delle altre aziende della Piastrella Valley, anche su quelle concorrenti.
I segreti di questa straordinaria solidarietà li ha spiegati Laura Traldi in un bel servizio (“Da Sassuolo al futuro”, foto di Giuliano Koren) pubblicato sabato 1 settembre sul magazine “D” allegato a La Repubblica.
E’ una delle storie che testimoniano la forza dell’Italia migliore che è il sottotitolo della Voce della Bellezza. Globalizzazione, crisi, terremoto: niente è più forte della volontà di farcela in un angolo d’Emilia studiato come modello a Harvard. Il distretto industriale della ceramica, tra Reggio e Modena, era infatti – ricorda Laura Traldi – la passione-ossessione di Michael Porter che voleva scoprire il segreto che porta i territori a trasformarsi in modelli produttivi esemplari. Porter ne fece un case-study , un esempio da imitare per creare un’economia sostenibile che “costringe i competitor stranieri a scontrarsi non con un’azienda o un gruppo di aziende, ma con una cultura diffusa a tutti i livelli nel territorio”. “La natura organica del sistema – osservava ammirato Michael Porter – è difficilissima da imitare e rappresenta il vantaggio competitivo più sostenibile delle aziende del distretto industriale di Sassuolo e dintorni”.
Beh, questo sorprenderebbe anche i ricercatori del Censis che nella premessa all’ultima indagine svolta per conto della Fondazione Marilena Ferrari sul valore economico della bellezza, avevano proprio sottolineato che, nonostante le carenze sui modelli organizzativi, l’Italia aveva tante frecce al suo arco per risalire la china.
E invece quello della Piastrella Valley è uno straordinario esempio di filiera. Sono 163 aziende, in gran parte piccole e medie, che occupano oltre 22mila persone e che nel 2011 hanno prodotto quasi 400 milioni di metri cubi di ceramica. Aziende che sono vicinissime una all’altra e questa vicinanza è uno dei segreti della loro ipercompetitività, secondo Porter.
Una competitività che nel dopo il terremoto ha lasciato il posto a una collaborazione solidale che ha visto i piastrellai fare fronte comune contro le avversità. “Non è buonismo o nazionalismo –ha detto a Laura Traldi – Emilio Mussini, amministratore delegato del Panaria Group, il gigante delle piastrelle con 1700 dipendenti e 6 stabilimenti produttivi – è che nessuno può fare da solo: la sopravvivenza delle parti è necessaria a quella del tutto, come in un organismo vivente”. La Piastrella Valley coinvolge infatti tutta la filiera: dalla ricerca e raccolta delle materia prime al design, dalla realizzazione degli impianti allo smaltimento, dall’expertise chimica alla distribuzione.
Il terremoto non ha sconquassato tutto questo perché è stata più forte del sisma la volontà degli imprenditori e dei lavoratori emiliani (dormivano nelle roulotte con la famiglia e la mattina erano puntuali all’avvio del loro turno). Ma è stata forte anche la solidarietà. Il bell’articolo di Laura Traldi racconta di tanti esempi di mutuo soccorso, tra le aziende del distretto. Insomma un altro aspetto del made in Italy che si fa strada nel mondo e che non vale meno della moda.
“Se non se ne parla tanto – osserva Laura Traldi – è perché nel business della ceramica c’è poco glamour e tanto lavoro duro: operai, fochisti e tecnici,ingegneri, distributori. E imprenditori, ovvio:ma poco mediatici. Chiacchierano con i dipendenti, più che con i giornalisti. (Francesca Marcone).
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