Rita Levi Montalcini e la bellezza dell’impegno scientifico
“A me non importa della morte. Importante è che i messaggi che abbiamo mandato siano raccolti soprattutto dai giovani”. Lo ha detto Rita Levi Montalcini il giorno del suo centesimo compleanno alla cerimonia che l’Istituto Superiore di Sanità aveva organizzato per omaggiarla. Di messaggi la “professoressa Rita”, ne ha lasciati di preziosi soprattutto ai giovani che ha sempre cercato di aiutare e per i quali rimane un esempio. Rita Levi Montalcini, come oggi, tutti ricordano è stata una persona dolce ed elegante. Una “signora della scienza” che aveva scoperto la bellezza nell’impegno scientifico e umano, “perché – amava dire – per me, persona con un’intelligenza mediocre, l’impegno ha contato molto”.
Ha contato fino a farle vincere nel 1986 il premio Nobel per la medicina per un lavoro iniziato, con caparbietà, in un laboratorio improvvisato nella sua camera da letto quando, nel 1940, le leggi razziali l’avevano segregata in casa. In quel piccolo laboratorio sono cominciate le prime ricerche e gli esperimenti che, più tardi, sarebbero sfociati nella scoperta del Nerve Growth Factor che gli valse, appunto, il Nobel.
Una vita lunga ed intensa dedicata alla ricerca e alla scienza, ma attenta anche ai problemi delle classi socialmente più deboli . La sua sensibilità l’ha portata vicino ai giovani e alle donne, non solo le scienziate e le ricercatrici, per le quali ha invocato e costruito spazi maggiori, ma anche le donne diseredate, come le donne africane per le quali chiedeva un avanzamento sociale e civilee non perdendo occasione per dire “ Il futuro alle donne africane “ .
Una donna vissuta più di un secolo, una vita piena e solo apparentemente solitaria. Non si era mai sposata, per una scelta presa da giovanissima eludendo un destino, segnato per le ragazze del suo tempo, quello di moglie e di madre. In proposito, amava dire “sono il marito di me stessa”.
Rita Lena
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