Oscar Leonessa: un pastificio tra tradizione e ricerca
Unire tradizione e innovazione attraverso la ricerca. Questo l’obiettivo del pastificio Leonessa. Creato nel 1974 da Antonio Leonessa, il pastificio conserva ancora quel piacere e quel gusto di lavorazione delle vecchie maestranze di Napoli. La stessa passione di Antonio, poi, è stata trasmessa ai tre figli (Oscar, Luigi e Diego). Attualmente i tre fratelli gestiscono l’azienda che ha sede a Cercola, esportando in molti paesi esteri fino al Giappone. Quando si entra in un laboratorio Leonessa sembra di stare sul set del film di Rita Wertmuller, “Francesco e Nunziata”, dove la pasta, come nell’800 e ‘900, si lasciava asciugare all’aria aperta. L’unica differenza rispetto al film della regista italiana è l’introduzione delle macchine per ridurre i tempi di essiccazione. Il pastificio Leonessa non è solo vendita di prodotti gastronomici, ma svolge anche diverse attività educative. In una realtà difficile come il quartiere di Cercola il pastificio collabora con le scuole locali per valorizzare il territorio e per far conoscere a bambini e ragazzi quella realtà industriale che può essere un’eccellenza. Oscar Leonessa racconta storia e ambizioni del pastificio di Cercola:
Come è nato il pastificio? “La nostra azienda nasce nel 1974 da un’intuizione di mio padre che già lavorava nel mondo della ristorazione. Mio padre aprì il suo primo negozio specializzato per la lavorazione della pasta a Napoli. Da subito ha cominciato con la pasta secca, la pasta fresca e poi dal 1974 faceva delle proposte già innovative per l’epoca come la pasta di livello più alto come i cannelloni alla napoletana già pronti da mettere solo in forno, aranciato e la frittura mista napoletana. Questo approccio l’ha trasmesso a noi figli. Io e i miei due fratelli, Luigi e Diego, siamo i gestori di questa azienda che oggi ha altri punti vendita diretti. Nel 2001, avendo un approccio innovativo nel rispondere in maniera sistematica ai bisogni che emergono dalla realtà, sono nati anche i prodotti per celiaci. Chi è affetto da celiachia ha bisogno di mangiare senza glutine e arrivammo alla condizione in cui alcuni clienti mi portavano la farina per celiaci perché volevano far mangiare ai propri figli, affetti da questa patologia, i nostri prodotti. Abbiamo un laboratorio isolato dagli altri proprio per non creare prodotti contaminati e quindi l’innovazione sta nel creare un know-how su come produrre questo tipo di referenze”.
Che cosa è cambiato dal 1974 a oggi nella lavorazione della pasta? “E’ cambiato poco e niente. Il nostro vanto è quello di tramandare i giusti tempi di essiccazione della pasta fresca come facevano le vecchie maestranze dell’800. La lavorazione è la stessa ma c’è stata l’introduzione della tecnologia che permette una produzione più veloce. Nelle grandi aziende quando il tir della semola entra, per uscire ci mette solo sette ore. Noi invece, rispettando le maestranze, ci impieghiamo ben 28 ore. C’è maggior garanzia con la tecnologia di creare la ripetizione dello stesso standard, di cronometrare il lavoro e velocizzarlo. Ora si è creata anche la differenza tra pasta industriale e artigianale. Le macchine, di grandi o di piccole dimensioni, forniscono la stessa lavorazione facendo leva sui tempi di produzione”.
Quale è la vostra specialità? Quale prodotto vi differenzia dagli altri? “Più del prodotto, la nostra specialità è quella di metterci in gioco. L’importanza di questa azienda è di fare rete e avere umiltà di mettersi sempre in discussione sempre creando sinergie con il mondo della ricerca. Infatti in Campania abbiamo tantissime eccellenze in questo campo come i ricercatori della Federico II. Insieme a loro abbiamo creato un nuovo tipo di pasta chiamato “fibrella” che è stato presentato anche alla fiera degli italiani innovatori del gusto di Shangai. Una porzione di 100 grammi di fibrella apporta il 50% della quantità di fibra alimentare giornaliera consigliata. Una normale porzione di pasta apporta il 6, 7 % di fibre invece fibrella il 15%. L’altra innovazione è sui fornai. Siamo un piccolo pastificio che tramanda la tradizione dei vecchi pastai napoletani con essiccazione a bassa temperatura e trafila in bronzo. Riusciamo a creare anche formati lisci grazie a fibrella, come lo Zanello, la pasta della tradizione partenopea prodotta con un alto contenuto di fibre”.
Il vostro marchio si trova solo in Italia o anche all’estero? “Noi lavoriamo in Europa, Stati Uniti e Canada. Abbiamo iniziato da poco ad esportare in Australia e Giappone. In occasione del nostro trentennale nel 2004 mi trovavo in una fiera a New York, chiamata Summer scent of food. In queste esposizioni cercavo, con il mio inglese maccheronico, di spiegare le differenze tra prodotto artigianale e industriale e anche per cercare contatti e rapporti con colleghi stranieri. Il nostro primo importatore del New Jersey mi portò in un ristorante sulla Fifth Avenue dove servivano dei paccheri ai gamberoni. Quei paccheri erano la mia pasta, ovviamente fu il pasto più buono della mia vita. I giapponesi poi ci hanno invitato a produrre prodotti speciali campani a Tokyo, aprendo la strada ad un nuovo mercato”.
Quando è giunto il momento del successo? “Non c’è proprio un momento in cui abbiamo raggiunto il successo. Il nostro successo è ogni giorno perché noi non ci fermiamo mai. Nostro padre ci ha trasmesso la dedizione al lavoro e l’umiltà. Il nostro successo è anche di aver legato alla tradizione il valore scientifico della ricerca. Non avendo molte risorse interne ci avvaliamo anche di centri di ricerca esterni, come quello della facoltà di scienze degli alimenti della Federico II con i professori Ritieni e Fogliano con i quali abbiamo creato fibrella. Abbiamo unito la loro ricerca e la nostra passione creando un mix che ha fatto successo”.
Quanti premi avete vinto dal 1974 ad oggi? “I premi sono tanti e vanno da quelli semplici in ambito locale e regionale che sono serviti alla diffusione del nome, a quelli nazionali come Massobrio e Gambero Rosso. L’anno scorso abbiamo vinto il premio Golosario. Tutte queste vittorie sono la conferma che stiamo facendo bene. Quando vinciamo però è solo un punto di partenza e soprattutto un incentivo a fare di più. Partecipando alle fiere, collaborando con le istituzioni e con la ricerca ho potuto constatare che il successo sta proprio nel progredire sempre”.
(Marco Stiletti )
Articolo partecipante al premio giornalistico La Voce della Bellezza
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