Il design italiano oltre le crisi: autarchia ed autoproduzione
Ogni difficoltà sottolinea le capacità di ingegno e forza, e proprio per questo la settima edizione del Triennale Design Museum si incentra sul tema dell’autosufficienza produttiva. Declinato e affrontato in modo diverso in tre periodi storici cruciali – gli anni trenta, gli anni settanta e gli anni duemila- il concetto di autoproduzione viene rappresentato cronologicamente: dalla stanza dedicata al Maker Fortunato Depero e alla sua bottega Casa d’Arte a Rovereto -dove realizzava quadri e arazzi, mobili e arredamenti, giocattoli e abiti, manifesti pubblicitari e allestimenti- allo spazio dedicato al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie.
L’idea di base è che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione particolarmente favorevole allo stimolo della creatività progettuale: le origini del design italiano negli anni trenta; gli settanta, durante i quali sono state opere esemplari come i “distretti produttivi” , basati su tradizioni locali e disponibilità diretta di materie prime; gli anni ’90 e duemila dove si arrivò all’autoproduzione e alle forme sperimentali.
Il percorso si apre con una grande stanza/vetrina, che accoglie in un solo colpo d’occhio una selezione di oggetti rappresentativi dei tre periodi, mescolati in modo che periodi distanti si incontrino ed il visitatore possa così avere una visione di insieme delle differenze o similitudini. In mostra, tra gli altri, lavori di: Enzo Mari, Andrea Branzi, Gio Ponti, Maurizio Cattelan, Fortunato Depero, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Vittoriano Viganò, Paolo Ulian, Michele De Lucchi, Filippo Tommaso Marinetti, Marco Ferreri, Salvatore Ferragamo, Patricia Urquiola, Ettore Sottsass, Franco Raggi, Giulio Iacchetti, Caterina Crepax, Antonio Citterio.
650 opere che ripercorrono la storia del design italiano e dimostrano che l’estro e la creatività non si fermano davanti a nessuna difficoltà.
Giulia Coia
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