Il conclave e la bellezza di una superiore armonia
Spedite ai cardinali le lettere di convocazione per le congregazioni, è iniziata la strada verso il Conclave. Una strada lastricata da alcune parole “forti” che Papa Benedetto XVI ha lasciato in eredità al suo popolo. Una di queste è la parola “bellezza”, risuonata spesso nei discorsi che Papa Benedetto XVI ha pronunciato spesso nel suo pontificato ed è ritornata negli ultimi incontri pubblici, prima di ritirarsi a Castel Gandolfo, dopo la grande rinuncia. “Se accettiamo che la bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora – aveva detto nel 2009 incontrando oltre 260 artisti di tutto il mondo – riscopriamo la gioia della visione, della capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere”. Una prima battuta per un nuovo fecondo dialogo, dunque, rimosse le macerie delle incomprensioni e delle distanze, che cadeva nel decennale della Lettera agli Artisti di Giovanni Paolo II e nel 45.esimo anniversario dell’incontro tra Paolo VI e i rappresentanti di questo multiforme universo.
Ma bellezza è una parola ripresa e rilanciata in un editoriale di Avvenire di ieri, 1 marzo, su Avvenire, il quotidiano della CEI, la Conferenza episcopale italiana, intitolato appunto “Questa capìta bellezza“ e firmato da Pierangelo Sequeri e dedicato al prossimo Conclave, ricordando che il Papa Benedetto XVI ha indicato al Collegio dei Cardinali, riuniti in Vaticano per il suo congedo, l’icona dell’orchestra. “È la metafora giusta… Si tratta del senso della fede – scrive Sequeri – della giusta intonazione, dell’intesa che nasce dall’abitudine a suonare insieme e del gusto per l’accordo migliore. Il Collegio dei Cardinali deve dare la percezione di un’orchestra dove le diversità, che sono «espressione della Chiesa universale», concorrono alla bellezza e alla ricchezza «di una superiore e concorde armonia ». E tutti devono poterla sentire!”.
Le moltitudini hanno sentito che questo Papa, con lo storico gesto di un congedo umile e fermo dal ministero petrino, in favore della Chiesa, la incoraggia – a cominciare dalle prime parti – a inaugurare l’epoca di una nuova performance sinfonica della fede.Gli giorni, le ultime ore, del ministero petrino di Joseph Ratzinger sono stati affettuosamente restituiti alla loro verità e alla loro grandezza, proprio da questo popolo pellegrinante. Il suo ascolto fine dei toni di voce e dei gesti profetici di Benedetto XVI è apparso di gran lunga l’interpretazione migliore. …. «È bene per voi che io me ne vada». Senza potersi liberare del tutto dallo struggimento, questo popolo ha capito la bellezza dell’atto di fede che gli è stato consegnato…
…”L’Anno della Fede ha avuto il suo gesto profetico. Non potrà più essere una commemorazione: sarà azione della fede, o non sarà. Quando racconteremo tutto questo, nella Chiesa, alle generazioni che oggi non c’erano, dovremo alzarci in piedi – conclude l’Avvenire – e chinare lievemente il capo. E tendere l’orecchio, nella speranza di poter ascoltare, insieme con loro, la musica che deve seguire”.
Giulia Coia
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