Il codice della bellezza è scritto nel nostro DNA
“Un bel design, ha detto una volta l’esperto di management Gary Hamel è come la famosa definizione del porno data dal giudice Potter Stewart: lo riconosci quando lo vedi”. Comincia così un interessante articolo di Lance Hosney “Il DNA della bellezza” che apre la sezione Repubblica Cult di oggi, domenica 24 febbraio 2013.
Hosney, riportando i risultati di recenti studi, spiega perché la bellezza ci mette letteralmente in movimento e perché siamo istintivamente portati ad allungare la mano e afferrare tutto ciò che è bello. E’ una questione di cervello: vedere un bell’oggetto mette in moto quella parte del cervelletto che presiede al movimento delle mani. Ma ci sono simili spiegazioni scientifiche per l’attrazione che abbiamo per il colore verde, la sezione aurea (rispettata nella Gioconda di Leonardo o nella Nascita di Venere di Botticelli), la forma dei fiocchi di neve. Il segreto dell’arte è insomma nascosto nella scienza e in particolare nel rapporto universale 1/1,618 che corrisponde, alla celeberrima sezione aurea, quel rapporto «magico» che si incontra in natura, solo per fare qualche esempio, nella doppia elica del Dna, nella disposizione dei petali dei fiori, nei movimenti di alcuni pesci e nelle proporzioni «perfette» del corpo umano. E questo numero l’uomo ha «inserito» – talvolta consapevolmente, talvolta probabilmente no – in alcune delle sue opere più straordinarie, dalle piramidi di Giza alla cattedrale di Notre Dame, tanto da diventare l’espressione matematica per eccellenza dell’armonia e della bellezza. “Queste proporzioni definiti uniche o magiche (più o meno 5 a 8) – osserva Hosney – sono frequenti nella forma dei libri, apparecchi tv, carte di credito e sono alla base delle strutture più amate della storia, dal Partenone allo Stradivari.
La conclusione di Hosney è che “siamo soliti pensare al bel design come a un’arte e non a una scienza… ma se ogni design se ne intendesse di più di matematica dell’attrazione, allora tutti i design potrebbero essere sia belle da guardare, sia farci del bene”
Paolo Legrenzi, in un articolo nello speso paginone “Cult” intitolato I nostri antenati sopravvissuti grazie a quei codici descrive i progressi nello studio del cervello e le neuroscienze e ipotizza effetti di sedimentazione nel nostro patrimonio genetico che potrebbero vincolare, tra l’altro, i nostri giudici estetici.
Gabriella Cossàr
Matteo
Febbraio 24, 2013 at 5:53 pmSalve, articolo interessante. Sono interessato alla ricerca citata, alla relazione tra bellezza e cleptomania.. dove sarebbe possibile reperire informazioni?
La Voce della Bellezza
Febbraio 25, 2013 at 6:36 amL'articolo è stato pubblicato per la prima volta da New York Times che ne detiene il copyright e che lo ha distribuito attraverso il New York Times Syndicate. La traduzione di Anna Bissanti è comparsa, come abbiamo scritto ieri, nell'inserto RCult di Repubblica di domenica. Nell'articolo si cita solo una ricerca del 2009 di un professore della Duke University sulla sezione aurea, ma non è chiaro quanto sia legata all'assunto principale che "la bellezza mette letteralmente in movimento le mani". Nell'analisi di Paolo Legrenzi che correda l'articolo principale si cita - ma sempre a proposito della sezione aurea- uno studio di Di Dio, Macaluso e Rizzolatti (PLos ONE del 207). Di più, al momento, non sappiano dirle. Grazie per averci scritto. La redazione