Il barocco nelle Marche: un valore da riscoprire
Il 29 giugno si inaugurerà nel comune di Osimo (AN) la mostra presentata a febbraio alla Borsa Internazionale del Turismo di Milano Da Rubens a Maratta. Meraviglie del Barocco nelle Marche, curata da Vittorio Sgarbi e realizzata in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni artistici delle Marche.
La mostra avrà luogo a Palazzo Campana e al Museo Civico di Osimo, dove si potranno ammirare i quadri di Pomarancio, Rubens, Bernini, Reni, Guercino, Gentileschi, Preti, Vouet, Solimena, i marchigiani Cantarini, Guerrieri, Sassoferrato, e in particolare Maratta, l’universalmente celebrato pittore di Camerano di cui ricorre proprio nel 2013 il terzo centenario della morte: tutti riuniti in Osimo.
L’esposizione, oltre ai quadri, vedrà pregiati arazzi, sculture ed oreficerie sacre, per indagare sui dettagli che accomunano questa corrente artistica che ha pervaso gli antichi centri di Osimo, Ancona, Loreto, Senigallia, Camerano, ma anche Pesaro e Fano, inoltrandosi anche lungo le valli nell’entroterra fino a toccare le città di Fabriano, Serra San Quirico e Sassoferrato.
Il nome del movimento sembra accettare tre etimologie: del sillogismo aristotelico, il “baroco”;il francese baroque, attestato in Francia nel XVII secolo nel significato di “stravagante, bizzarro”;dal portoghese barroco, con riferimento ad una perla irregolare. Infatti tutto, in quel periodo, doveva rifarsi alla linea curva per prendere andamenti sinuosi, persino le gambe di una sedia o di un tavolo. Le curve non dovevano essere semplici ma complesse come ellissi, spirali o curve a costruzione policentrica. È il forte senso della teatralità di quel periodo che caratterizza l’esuberanza decorativa, l’effetto sorpresa. L’epoca del Seicento ama rappresentarsi e celebrarsi fastosamente: l’arte pervade ogni aspetto della cultura. La stessa letteratura si basa su una continua rottura di regole, a partire dai temi insoliti che vengono trattati: brutto, il grottesco, il deforme; e la poesia, anche se trattata con un linguaggio curato, è concepita come come gioco, ornamento, bella apparizione, bizzarria.
I maggiori committenti sono la Chiesa, soprattutto quella cattolica (ma anche alcune chiese riformate), i sovrani, i principi e le istituzioni civili, come pure la borghesia, sia attraverso l’architettura che la pittura.
La grande committenza artistica secentesca delle famiglie nobiliari delle Marche legate alla Curia romana ha velato la Regione di prestigio multiculturale, come spiega Vittorio Sgarbi: ‘’Nelle Marche hanno lavorato grandi artisti di tutte le regioni, accomunati dal fatto che lavorassero tuti a Roma. Questo è singolare. Nonostante le Marche abbiano degli artisti locali, le altre regioni presentano una specie di sbarramento: Napoli presenta solo artisti napoletani, Venezia solo i veneziani. Nelle Marche è come se non ci fosse questa difesa, c’è una sorta di accoglienza che coinvolge i maggiori pittori e scultori di tutta Europa. Ciò fa sì che la mostra di Osimo non presenti solo artisti locali del maceratese o dell’anconetano, ma che si presenti come un centro del mondo. Abbiamo fatto un po’ di mostre del gotico, secondo la mia idea di non fare solo ad esempio ad Urbino –grande capoluogo- ma anche ad Ancona, che nonostante sia una bella città è respingente. E non capisco perché. In tutti i luoghi, anche piccoli, sono uscite fuori belle iniziative. Abbiamo fatto un primo barocco a San Severino, il secondo ad Osimo e il terzo potremmo farlo a Pesaro. Il fatto che non vi sia un perimetro locale rende le Marche una regione interessantissima per il patrimonio artistico. Magari non vi sarà la stessa quantità di opere come a Roma, ma ci saranno gli stessi artisti. Incredibile.’’
Giulia Coia
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