Giuseppe Bertolucci, insegnò a Benigni a riconoscere la bellezza
Se n’è andato Giuseppe Bertolucci, regista come il fratello Bernardo, poeta come il padre Attilio. E così lo chiamavano tutti – il fratello di Bernardo, il figlio di Attilio – meno chi lo conosceva bene, come Roberto Benigni, accorso a Diso, vicino a Lecce, dove il regista parmigiano viveva con la moglie Lucilla Albano, professoressa di cinema.
Benigni, scoperto e lanciato nel cinema negli anni Settanta da Bertolucci, così lo ricorda: «Devo tutto a Giuseppe Bertolucci. Ho passato con lui gli anni più belli della mia giovinezza. Era il mio amico. Il mio primo amico, il mio primo regista, il mio primo autore. Mi ha insegnato lui a leggere la poesia, a muovermi, a camminare nel mondo, a guardare il cielo, a capire da che parte arriva la bellezza e a riconoscerla. E l’audacia, e il coraggio. Devo tutto a Giuseppe». Gli deve soprattutto il film “Berlinguer ti voglio bene” nel quale l’attore toscano dà la prima convincente prova del suo talento, recitando da protagonista nella trasposizione cinematografica di un testo teatrale, “Cioni Mario di Gaspare fu Giulia”, scritto da Bertolucci per lui.
Nel cinema aveva esordito nel 1970 come aiuto del fratello Bernardo per “La strategia del ragno”, ma già l’anno dopo aveva realizzato il mediometraggio “I poveri muoiono prima” e nel 1972 “Andare e venire” per la televisione. Nel 1975, insieme a Bernardo e a Franco Arcalli, ha scritto la sceneggiatura di “Novecento”. Dopo “Berlinguer ti voglio bene” sono da ricordare “Segreti segreti” (1984) , con Lina Sastri, Lea Massari, Alida Valli, Stefania Sandrelli, Mariangela Melato, Nicoletta Braschi e “TuttoBenigni” del 1986, senza dimenticare “Il dolce rumore della vita” (1999), “L’amore probabilmente” e l’ultimo, “Pasolini prossimo nostro” (2006). Notevole il contributo di Giuseppe Bertolucci alla Cineteca di Bologna, da lui presieduta dal 1997 al 2011 e da lui aiutata a crescere dandole dimensione internazionale.
(Francesco Bruni)
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