Da Caltanissetta il protocollo di legalità: white list e bollini blu antimafia
Caltanissetta è all’origine di una fresca ventata di legalità, grazie alle iniziative di cittadini diversi, ma accomunati dalla stessa voglia di etica civile. Sono aziende come quella del condottiero della lotta antiracket, Antonello Montante – tutt’ora presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta e dallo scorso aprile presidente di Confindustria Sicilia – promotore del «protocollo di legalità», come lo ha chiamato lui. In accordo con il Viminale del ministro Annamaria Cancellieri – il quale ha rinnovato l’iniziativa dopo i primi due anni di sperimentazione – il “protocollo di legalità” è entrato a far parte del patrimonio culturale di Confindustria.
Dunque, adesso una serie di “white list” faranno da certificato di garanzia per quelle aziende che hanno detto “no” alla criminalità organizzata. Una lista di imprenditori che hanno scelto la trasparenza dei conti e il “rating di legalità”. Ossia, una sorta di bollino blu per facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese, vittime dirette, purtroppo, del cosiddetto credit cruch. Dalla Caltanissetta di Montante, il modello della legalità ha allargato i propri confini, ha cambiato forse il linguaggio, ma la struttura che lo sostiene è rimasta la stessa. Ad oggi ci sono una ventina di accordi sottoscritti in diverse città italiane. Sono iniziative che non rimangono aleatorie, ma che al contrario hanno un impatto reale sulla società che le circonda. Il successo del “protocollo” è proprio questo: il contatto diretto con il territorio e le persone che lo vivono.
Ad esempio per costruire una strada – o partecipare a un qualsiasi appalto pubblico – tutti gli imprenditori in gara hanno un interesse economico a eliminare ogni dubbioso rapporto con la criminalità organizzata. In questo modo le aziende salgono di posizione all’interno delle cosiddette “white list”, guadagnando credibilità e di conseguenza introiti commerciali. È semplice, più lavoro, più guadagno. Per Montante, “la filosofia partita dall’esperienza siciliana ed estesa a tutto il Paese, oltre a un’intrinseca valenza etica, deve far comprendere agli imprenditori che stare dalla parte giusta conviene”.
Dunque, occorre creare una controparte legale al modello mafioso. Prima, continua Montante, “c’erano imprese che si inserivano in un consorzio illegale perché la mafia trova il mercato, garantisce autorizzazioni, facilita concessioni ed evita le trattative sindacali”. Questo “protocollo di legalità” rappresenta un cambio di rotta molto forte nella lotta alla mafia, secondo l’imprenditore, da estendere a molti altri settori. Come ad esempio quello della politica: “Il nostro modello deve essere sposato da altre istituzioni, cominciando dai partiti, per restituire alla politica l’alto valore della parola stessa. Un codice etico, come noi imprenditori”.
(Paolo Costanzi – LumsaNews)
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