Crisi e PIL: il tessile vince la sfida esportando in Cina
La crisi si fa sentire anche nel settore tessile italiano, che conserva la leadership mondiale, ma che registra un forte calo della domanda interna con una conseguente diminuzione della produzione: -15,3 per cento nei primi sei mesi di quest’anno. Ma gli italiani non si arrendono mai e danno il meglio di sé soprattutto nelle avversità. Calano le vendite in Italia? Bene, andiamo a vendere all’estero. Dove? Nel mercato più emergente del momento, la Cina.
A “Milano unica”, il salone italiano del tessile, il presidente Silvio Albini è stato chiaro: «Il futuro delle nostre aziende passa inevitabilmente per una crescita delle nostre esportazioni» ha detto all’inaugurazione della manifestazione. Poi ha riferito che nella prima parte del 2012, «la Cina, assieme a Hong Kong, è ormai diventata il nostro secondo mercato, dietro la Germania». La forte diminuzione della produzione non ha però influito sul «clima che si respira tra gli espositori». Questo perché l’Italia resta il primo esportatore mondiale nel comparto laniero, con una quota del 39,7% del commercio internazionale, mentre è al secondo posto per quanto riguarda il tessuto liniero e serico. L’export ha fatto registrare forti incrementi in Cina (+7,4%), Stati Uniti (+6,8%) e Portogallo (+3,2%) e le previsioni sulla bilancia commerciale per fine 2012 sono di un attivo importante, anche a seguito del crollo delle importazioni (-24,5% nei primi cinque mesi dell’anno).
Insomma, rimboccandosi le mani, puntando sui mercati esteri il tessile vince la sfida con la crisi. I problemi però non sono tutti risolti. Le industrie italiane si trovano a dover subire costi troppo alti per l’energia e per la pressione fiscale. Il settore tessile ha tuttavia bisogno di un sostegno più convinto per la promozione nei mercati esteri. E, come ha poi sostenuto il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi, occorre un piano nazionale per rilanciare il made in Italy nei mercati esteri. (Gabriella Cossàr)
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