Comunicare la memoria: il museo ebraico di Roma
Museo ebraico di Roma: la sua forza sta nel comunicare la memoria, la sua bellezza sta nella capacità degli oggetti e dei manufatti di porsi come “narratori” di un popolo e della sua religione essendo dei semiofori, cioè portatori di significato: anche perdendo la loro utilità assumono una funzione semantica. Si pongono materialmente allo sguardo, ma congiungono anche il visibile all’invisibile. Dove invisibile ha l’accezione di un tempo lontano, un luogo distante o qualcosa a noi sconosciuto. Grazie all’oggetto si ritorna a un passato che rievoca e insegna l’identità culturale, mai cambiata, di un popolo.
Il Museo, ospitato nel complesso monumentale del Tempio Maggiore, è aperto dal 1960 per ospitare le raccolte della comunità ebraica cittadina: argenti romani del Seicento e Settecento, tessuti preziosi provenienti da ogni parte d’Europa, pergamene miniate e marmi scampati alla distruzione delle Cinque Scole (le antiche piccole sinagoghe romane). Il complesso comprende sei sale espositive, con un percorso didattico studiato apposta per offrire risalto ai magnifici oggetti e documenti che raccontano la storia millenaria degli ebrei di Roma, le loro relazioni con la città, le feste dell’anno e quelle della vita. Una delle peculiarità del museo è il suo “vivere” entro un altro edificio monumentale, quello del Tempio Maggiore. Inaugurato nel 1904, fu costruito sull’area dell’antico ghetto, interamente demolito fra il 1886 e il 1910. L’idea di una grande Sinagoga centrale costituiva agli inizi del secolo un importante elemento aggregante all’interno della comunità che, negli anni tra il 1870 e i primi del ‘900, aveva subito notevoli cambiamenti di ordine sociale e culturale in seguito al definitivo abbattimento, non solo fisico, delle mura del ghetto.
La storia, la simbologia e la tradizione che ritroviamo sono parte di una storia molto più grande. Grazie alla visita al museo, persone di diversi ambienti sociali e culturali, conosco una realtà diversa prendendo anche atto della propria identità culturale. Il museo ebraico può essere considerato un involucro, dove poter conservare una tradizione passata, ma anche manifestazione del desiderio di rispettare le diversità. La visita alla galleria è un’esercitazione al confronto, è un modo per imparare a sapere chi siamo: più si conoscono realtà altre più si comprende quella dove siamo cresciuti e il rispetto reciproco alla convivenza. In un periodo di tensioni continue tra popoli vicini e lontani, anche solo una visita al museo può essere una mano tesa verso il prossimo, con la speranza di un futuro più sereno.
Francesca Ascoli
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