Carolina Kostner, tecnica ed eleganza di magiche traiettorie
La voce della bellezza sale anche, sinuosa ed elegante, dal fruscìo di lame d’acciaio: sono i pattini di Carolina Kostner che disegnano sul ghiaccio traiettorie magiche. Quella voce sale: su, su lungo la tuta di strass, grigia scintillante disegnata da lei stessa. Una corazza d’acciaio, inossidabile come la sua tempra di oggi. Forse anche un portafortuna, visto che la indossava con successo a dicembre quando vinse l’oro nelle finali del Grand Prix, in Canada. Una tuta che la protegge tutta, fino alla spalla nuda. Elegante, seducente, bella; ma di una bellezza severa come quella di certe dame del settecento che occhieggiano dai musei veneziani. Il 28 gennaio scorso a Sheffield, la città inglese crocevia di cinque fiumi, ha vinto il suo quarto oro europeo nel pattinaggio su ghiaccio, settima medaglia continentale consecutiva. Il suo Mozart ha mandato in visibilio il pubblico: ed eccola felice e vincente, in un tripudio di mazzi di fiori e con un gattino di pelouche in mano, attendere il verdetto che la consacra in vetta alle pattinatrici europee con 183,55. E poi mano sul cuore durante l’inno di Mameli. “L’incanto di Carolina: la felicità al potere”, ha titolato La Repubblica. “Oro sul ghiaccio: Fata Carolina fa l’incantesimo”, il titolo de “Il Giornale”.
A soli 25 anni ha già sulle piccole spalle uno zaino impermeabile pieno di lacrime di gioia e di delusione. Quelle versate alle Olimpiadi di Vancouver 2010, quando cadde troppe volte e deluse se stessa e tantissimi italiani che la volevano vincente. Le lacrime di quel sedicesimo posto, lontanissimo dal podio tanto atteso; le lacrime di quando le dissero “Non sei una campionessa”.
Ma anche le lacrime di quando vinse nel 2007 a Varsavia il primo titolo continentale, seguito da quello di Zagabria nel 2008 e da Tallin nel 2010, fino ad arrivare a Sheffield 2012. Nel mezzo altre tre medaglie ai Mondiali, due argenti e un bronzo. Risultati incredibili che eleggono la 25enne gardenese “regina” del Vecchio Continente. Sul ghiaccio inglese l’allieva di Michael Huth non sbaglia praticamente nulla. Al massimo c’è un’imperfezione su una trottola. Ma è cosa di poco conto. I salti, che sembravano essere diventati il suo tallone d’Achille, sono puliti, con cinque tripli e tre combinazioni di classe. Sufficienti per salire con tutta la sua eleganza sul tetto d’Europa.
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