Bradburne: la cultura non è merce, le mie idee per Brera
“La cultura non è un lusso o una merce, ma è parte essenziale della nostra umanità. L’accesso alla cultura – che comprende le nostre collezioni e le nostre gallerie d’arte – è un diritto dell’uomo”. Lo scrive James M.Bradburne, in un articolo per l’inserto domenicale del Sole 24 ore di oggi, intitolato “La mia Brera”, in cui c’è un altro passaggio da sottolineare: “I musei, le biblioteche e le scuole sono strumenti fondamentali per la creazione della società civile”.
Bradburne è uno dei direttori “stranieri” dei 20 principali musei italiani selezionati – tra le polemiche (che non mancano mai in Italia) – a partire da 1.200 curriculum da una commissione guidata da Paolo Baratta, direttore manager della Biennale, che per ogni istituzione aveva proposto al ministro Dario Franceschini una terna entro cui scegliere. Alla Pinacoteca di Brera, dunque, è arrivato James Bradburne, 59 anni, museologo anglocanadese noto in Italia per essere stato a lungo direttore generale di Palazzo Strozzi a Firenze.
James Bradburne, nato in Canada, ha studiato architettura a Londra e si è poi formato in museologia ad Amsterdam e Los Angeles. Dal 2006 al 2015 è stato il direttore della Fondazione Palazzo Strozzi a Firenze. Tante le esperienze all’estero: ha diretto la Nextgeneration Foundation nel Regno Unito, il Museum für Angewandte Kunst di Francoforte e negli anni ‘90 è stato responsabile per il design, la formazione e la programmazione al New Metropolis Science and Technology Centre di Amsterdam. Autore di numerose pubblicazioni, è docente di museologia in diverse istituzioni italiane e straniere.
Un’istituzione per la prevenzione della cecità
Interessante il richiamo ai valori dell’Illuminismo in un momento storico in cui l’ISIS distrugge Palminra e altri beni patrimonio dell’Umanità e il fondamentalismo uccide i vignettisti di Charlie Hebdo e compie stragi nei luoghi dello svago e della cultura giovanile europea: “ In questo tempo, in cui i valori dell’Illuminismo sono messi sotto attacco, dobbiamo tornare alla visione dei grandi musei che ebbero sostenitori come Franco Russoli, Willem Sandberg e Nelson Goodman. Proprio Goodman nel 1980 ebbe a scrivere: «Il museo deve operare come un’istituzione per la prevenzione della cecità, allo scopo di far funzionare le opere. E le opere funzionano quando – stimolando lo sguardo curioso, acutizzando la percezione e suscitando l’intelligenza visiva – partecipano alla creazione e alla ricreazione dei nostri mondi».
Per il resto, a parte la scontata affermazione che Brera non è sua, Bradburne è conscio che la sfida che deve affrontare è quella di aiutare Brera a conquistare quel palcoscenico internazionale che davvero le appartiene, ma anche quella di rimettere Brera nel cuore della sua città.
Chi è interessato può leggere qui, nell’articolo sul Sole 24 ore, la “gamma completa di miglioramenti” che Bradburne ha in mente: dai banner sulla facciata che mostrino i tesori delle collezioni, ai posti a sedere in cortile, alla creazione di un nuovo negozio e di un caffè, a una una segnaletica chiara che indirizzi gli utenti verso la varietà di eventi che già si svolgono a Brera nelle sue diverse istituzioni: l’Accademia, la Biblioteca Braidense, l’Istituto Lombardo e la Pinacoteca.
Bradburne vuole anche lavorare sull’«esperienza del visitatore» e quindi rendere, nel giro di tre anni, le collezioni maggiormente accessibili. A partire da marzo un biglietto unico da 10 euro darà diritto all’ingresso un’iscrizione gratuita per tre mesi all’Associazione degli Amici di Brera. “È un modo – conclude Bardburne -per invitare a ritornare una volta, due volte, una dozzina di volte nella nostra pinacoteca”.
Fabio Appetiti
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