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Angelo Corigliano: quando le belle idee vincono la morte

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15/10/2012

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Angelo Corigliano: quando le belle idee vincono la morte

Dare una speranza nel futuro è possibile, anche in periodi di crisi; e se a darla è chi di speranze ne ha poche il gesto acquista ancora più valore. Ha commosso l’Italia intera la storia di Angelo Corigliano, l’imprenditore lombardo che, il 4 ottobre scorso, aveva acquistato una pagina del Corriere della Sera per comunicare in grande stile la sua straordinaria proposta: offrire cinquanta nuovi posti di lavoro presso la sua azienda in meno di 1 anno; secondo lui, la ricetta perfetta per sentirsi infinitamente soddisfatto; un concetto, nel manifesto, sintetizzato in una formula matematica quantomai eloquente: il teorema perfetto per far uscire il nostro paese dal pantano della crisi occupazionale. Una promessa che, purtroppo, Corigliano non ha potuto mantenere (almeno personalmente).

Quando, un mese prima, gli era stata diagnostica la grave malattia che lo ha portato via appena tre giorni dopo l’uscita dell’annuncio (il 7 ottobre) Corigliano ha, per sua stessa ammissione, “iniziato a riflettere” cambiando la prospettiva da cui guardare il mondo; un mutamento che lo ha spinto ad escogitare qualcosa che rappresentasse il suo testamento morale, l’ultima traccia evidente della sua presenza su questa terra; da qui la decisione di fare il salto nel vuoto prenotando, affinché arrivasse a più gente possibile, una pagina del quotidiano più letto. Perché Corigliano era un imprenditore di successo e non poteva accettare che la crisi prendesse il sopravvento, a maggior ragione proprio nel momento in cui era forse giunto il momento di passare la mano.

Arrivato giovanissimo dal Sud, aveva iniziato da un piccolo ufficio di consulenza a San Donato, periferia di Milano; l’avvio di una lenta ma costante ascesa verso il suo personale impero: un’azienda di consulenza e servizi (la Intex srl) con 500 collaboratori, sparsi in tutto il mondo, e un fatturato annuo di oltre 10 milioni di euro. Dall’azienda rassicurano che il progetto rimarrà una priorità, così come intatto resterà lo spirito che ha sempre animato le sue imprese: l’unione vincente di idee, coraggio, sacrificio e soprattutto di fiducia nel lavoro di squadra; anche perché Corigliano faceva sul serio: i colloqui erano subito iniziati e le prime dieci assunzioni erano già state formalizzate.

Ora che lui non c’è più, quella che poteva essere una buona iniziativa è diventata un monito per tutti quegli imprenditori che, stretti nella morsa dalla crisi, non sanno se andare avanti o gettare la spugna. Un moderno “manifesto della fiducia” racchiuso nelle righe conclusive dell’annuncio; il degno finale di una splendida storia dei nostri giorni: “Infinito il traguardo che desidero per la mia azienda; non deve fermarsi per me, ma voglio che cambi nel tempo, si adegui alle difficoltà, cavalchi le opportunità con le competenze e le risorse umane che servono. Infinita sarà la mia soddisfazione di avere dato un piccolo contributo al rilancio del nostro Paese”. Davvero un bell’esempio di coraggioso altruismo.

 Marcello Gelardini

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