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Ultimati i lavori nella Chiesa di Cellara

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06/12/2014

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Ultimati i lavori nella Chiesa di Cellara

chiesa di cellaraPare di capire guardando i completati lavori della parrocchiale di San Pietro a Cellara (Cosenza) che sia mancata da più parti la volontà di adottare criteri conservativi, sicuramente indispensabili per la sopravvivenza degli spazi destinati al culto. Trapela dall’impatto visivo una linea di rottura con la storia, attraverso un ripristino che in realtà non ha tenuto in considerazione le caratteristiche del tempio, luogo simbolo, né mantenuto la continuità per la realizzazione di alcuni interventi, dai forti contrasti, dando così l’immagine di un ambiente trasformato dove la memoria e il nuovo, sacro e profano, si attraggono e si respingono in un’atmosfera ambigua.

Il dibattuto argomento, che richiederebbe da parte di tutti un po’ più di conoscenza e dialogo, ha visto coinvolte per oltre un decennio istituzioni varie, fra cui soprintendenza e curia vescovile, ambedue interpellate per aver concordato di smembrare l’altare di centro “dedicato”, segando e asportando addirittura le nicchie di legno dipinto, risalenti ad anni lontani, e nelle quali erano conservate le statue di culto molto antiche di San Pietro e dell’Immacolata, contitolari del tempio, ora visibilmente esiliate entro angusti spazi accanto ad altre figure di santi e sante di non secondaria importanza, venerati dal popolo.

La struttura, nella reinterpretazione attuale, è priva nell’abside dell’altare di marmo bianco pregiato che il parroco Pedretti (morì nel 1979) volle per la celebrazione al cospetto del popolo (spectante populo), ora demolito e del quale non v’è traccia. Un gesto irrispettoso e di sorprendente audacia, che dice pure quanto non fossero comprese peculiarità e funzioni del marmo, fin dall’antichità – e lo è ancora – ritenuto il più degno dei materiali utilizzato per arredare con sobrietà luoghi di culto e di preghiera, trovando nella liturgia l’espressione più avvolgente .

Ebbene, dopo 12 anni di lavori di consolidamento e restauro, una spesa di 309 mila euro, sono molte le ragioni per dire agli autori del lavoro (tecnici, liturgisti, responsabili della conservazione e tutela) di non aver fatto un buon servizio alla chiesa di Cellara, eretta a simbolo della comunità, e dove in primo luogo bisognava preservare l’antico culto nei suoi aspetti più propriamente religiosi e culturali. Atteso che oggetti che hanno attinenza con l’esercizio del culto e la devozione dei fedeli sono per lo più beni di interesse storico, fattore di promozione umana e di evangelizzazione: “la fede infatti tende per sua natura ad esprimersi in forme artistiche e in testimonianze storiche di fronte alle quali la Chiesa è chiamata a prestare la massima attenzione”, aveva detto Giovanni Paolo II nel Motu Proprio del 1993 con il quale istituiva la Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa.

In queste poche parole è tutto contenuto il senso di ogni progetto di restauro o di sistemazione d’una chiesa, che non può prescindere dal conoscerne gli aspetti più contenutistici e funzionali, non sempre univocamente chiari, specie riguardo ai segni della tradizione e ai valori simbolici che al suo interno figurano e dei quali bisogna tenere conto per evitare il pericolo di compromettere la sacralità  dell’ambiente.

Tutto dunque in concordanza con quanto stabilito da Stato e Chiesa in materia di beni ecclesiastici, oggetto di responsabile tutela per il fine a cui sono ordinati, ai quali presta specifica attenzione anche il benemerito Comando Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) che sin dal suo nascere, nel 1969, si adopera a far conoscere ed amare l’esteso patrimonio di arte e di fede del quale è oggi, nel territorio, uno dei principali referenti. Un insieme che vede coinvolti svariati organismi pubblici e privati che si occupano di promuovere e ampliare la conoscenza dei beni che appartengono alle comunità. Ma il dovere di collaborare, per quello che riguarda la fruizione di questi, investe tutti (pastori e laici), senza distinzione.

Giacomo Cesario

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