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Tanta bellezza, il motore dell’economia italiana

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08/05/2012

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Tanta bellezza, il motore dell’economia italiana

“Nella ‘quantità di bellezza’ c’è la nostra formula segreta” contro la crisi economica. Un editoriale di Pier Luigi Vercesi, del 3 maggio 2012, su “Sette”, il settimanale del Corriere della Sera,  espone molto bene  una delle convinzioni forti su cui sono nati questa iniziativa editoriale della “Voce della Bellezza” e tutto  quello che le ruota intorno (premio giornalistico, ricerche del Censis, ecc.). Una convinzione che poggia saldamente sull’esperienza del passato e sul giudizio di grandi economisti. Chi è in là con gli anni, o ha il coraggio di indagare sulla vita delle famiglie nella prima metà del secolo scorso, guarda alla situazione economica attuale del nostro paese senza troppe nostalgie per il passato.

L’Italia è uscita dalla seconda guerra mondiale in condizioni disperate, con la disoccupazione a livelli altissimi, con le industrie semidistrutte, con la fame che offriva risorse solo a comici e neorealisti. Come ne siamo usciti lo ha spiegato anni fa John Kenneth Galbraith, “testa d’uovo” di Franklin Delano Roosevelt e John Fitzgerald Kennedy, come ricorda proprio Vercesi.

In un’analisi pubblicata nel 1983, Galbraith infatti attribuiva il segreto del successo dell’economia italiana alla bellezza. O meglio, all’abitudine degli italiani a vivere nella bellezza delle loro città, a scegliere sempre le cose belle tra quelle egualmente efficienti. Per spiegare il miracolo economico, diceva Galbraith, “nessuno può citare la superiorità della scienza e dell’ingegneria italiana, né la qualità del management industriale, né tantomeno l’efficacia della gestione amministrativa e politica, né infine la disciplina e la collaboratività dei sindacati e delle organizzazioni industriali. La ragione vera è che l’Italia ha incorporato nei suoi prodotti una componente essenziale di cultura e che città come Milano, Parma, Firenze, Siena, Venezia, Roma, Napoli e Palermo, pur avendo infrastrutture molto carenti, possono vantare nei loro standard di vita una maggiore quantità di bellezza. Molto più del Pil, nel futuro il livello estetico diventerà decisivo per indicare il progresso della società”.

Questa, oltre che un’analisi precisa, è una sicura ricetta per  stimolare l’economia italiana, che ora ne ha più bisogno che mai. E’ da questa ricetta che deriva il primato mondiale della moda italiana, che da tempo si è lasciata alle spalle quella francese, tanto per fare un esempio. Ma la stessa ricetta è applicata da sempre anche nel design delle automobili di lusso e utilitarie. Siete mai stati in un bagno all’estero? Se, oltre che decente, è anche bello, vuol dire che è made in Italy. Ve le ricordate le cucine all’americana quando sono arrivate in Italia, negli anni Cinquanta? Funzionali sì, ma bruttine. Le abbiamo fate noi e le vendiamo in tutto il mondo. Non sono più in laminato color aragosta, sono in legni pregiati: costano di più, ma si vendono meglio. Come i nostri mobili, che arredano le dimore degli emiri e dei miliardari, anche di quelli americani.

Oggi, per uscire dalla crisi, dobbiamo ricordarci delle parole di Galbraith. “Noi – conclude Vercesi – il braccio di ferro nell’era della globalizzazione, o meglio della crisi globalizzata, lo vinciamo ogni volta che realizziamo un David immensamente bello, irresistibilmente ammirato. Ma se non aggiungiamo la “quantità di bellezza” di Galbraith, soccombiamo”.

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