Sul Tevere l’ultimo mistero di Roma Antica: marmi e tombe a Ponte Milvio
Un nuovo enigma archeologico incanta Roma: un complesso di difficile interpretazione venuto alla luce in via Capoprati durante gli scavi di archeologia preventiva della Soprintendenza Speciale di Roma per i lavori di Areti sui sottoservizi della rete elettrica Acea. Lo scavo, iniziato nell’autunno scorso e interrotto per ragioni climatiche durante l’inverno, è stato ripreso proprio un mese fa sotto la direzione di Marina Piranomonte e ha rivelato quattro ambienti databili tra il I e il IV secolo d.C.: nella parte superiore un complesso edificato tra il III e il IV secolo d.C. si contraddistingue per le ricche decorazioni marmoree e per la presenza di sepolture, mentre nella parte inferiore sono state rinvenute costruzioni del I-II secolo d.C., la cui ubicazione nei pressi della suggestiva cornice del Tevere lascia intendere un probabile uso a fini commerciali delle aree.
“Siamo davanti alla sovrapposizione di due fasi – asserisce il soprintendente Francesco Prosperetti durante la presentazione alla stampa – la prima, risalente al I secolo d.C. e che testimonia l’esistenza di attività produttive e scambio di merci, è stata sostituita nel III secolo d.C. da un altro edificio prezioso, che si caratterizza per i marmi e le decorazioni e di cui non sappiamo la destinazione”.
L’ipotesi al vaglio della Soprintendenza Speciale di Roma è che si possa trattare di una ricca villa suburbana o di un luogo di culto cristiano; solo le prossime analisi dei materiali di scavo e le ricerche sulle fonti di archivio smentiranno o confermeranno queste ipotesi.
Prosperetti, d’altra parte, afferma che le caratteristiche del territorio, esposto a inondazioni per la vicinanza del fiume, richiedono di rinterrare l’edificio, nonostante a gran voce ne sia richiesta una maggior valorizzazione: tuttavia, il soprintendente conferma che la documentazione dello scavo è stata condotta in maniera capillare con una ricostruzione in 3d e uno studio attento di tutti i materiali.
Di fatto, l’importanza di queste meraviglie archeologiche si evince distintamente dalle parole di un noto archeologo, Ludovico Magrini: il cemento ideale di una comunità è formato dalla coscienza della propria cultura e dalla capacità che abbiamo di conservarla ed accrescerla.
Patrizia Giannotti
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