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Stefano Zecchi, “salviamo la bellezza dal mondo d’oggi”

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23/12/2013

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Stefano Zecchi, “salviamo la bellezza dal mondo d’oggi”

Più che salvare il mondo, secondo l’auspicio del personaggio di Dostoevskij, oggi la bellezza deve essere messa in salvo dal mondo. Lo sostiene Stefano Zecchi nella sua prefazione a “La Bellezza”, con cui torna su un tema trattato  in passato  (Le promesse della Bellezza – Saggi Mondadori, 2006, p. 144, 16 euro).  In quel libro, nato qualche lustro fa,  Zecchi raccontava in modo semplice e chiaro, in una sorta di colloquio intimo, che cos’è la bellezza. E lo faceva accompagnando il lettore in un viaggio nel tempo fra grandi artisti, scrittori e filosofi (da Platone a Tommaso Moro, da Darwin a Freud, da Shakespeare a Stendhal, da Rubens a Picasso).

Ma se già oltre vent’anni Zecchi fa riscattava la bellezza dal limbo di irrilevanza in cui l’aveva confinata l’intero Novecento, avanguardista e “post”, adesso la difende dalla sua versione eminentemente cosmetica. Zecchi non si compiace affatto di un simile rientro in scena della bellezza. Ai suoi occhi rimozione estetica ed esaltazione sociale appartengono allo stesso orizzonte isterilito, in cui ancora una volta viene aggirata la domanda di senso che è racchiusa nella rappresentazione di una forma sensibile e che costituisce la vera dimensione utopica dell’esistenza. “In questo gaio e allegro ritorno alla bellezza – scrive Zecchi nelle ultime righe della sua introduzione al nuovo libro – si ascolta sommessa, ma sempre più chiara, la sua implorazione: salvatemi dal mondo, non abbandonatemi  nelle mani dei padroni della  qualità della vita!”.  E questo perché?

Zecchi 1Si è fatta strada un’espressione, un modo di dire comodo e superficiale, usato in tutte le circostanze in cui si vuole esprimere il desiderio e la necessità di oltrepassare la mera quantità, che non terrebbe nella giusta considerazione ciò che davvero conta nella vita. La quantità è accumulazione, somma; la qualità è valore, significato. Oggi ci troviamo di fronte a chi ingenuamente non ha neppure la minima idea dei motivi per cui la modernità ha annientato il significato della bellezza, oppure a chi con un classico opportunismo culturale (e politico) – si guarda bene dall’aprire una riflessione sulle tesi che hanno portato il movimento moderno contro la bellezza, di cui egli stesso è stato probabilmente a suo tempo un corifeo. Ma in un caso come nell’altro si leva adesso al cielo un’ovazione alla bellezza. Se, prima, chi non voleva apparire uno sprovveduto si guardava bene dal giudicare un’opera d’arte preferendo affermare con  sussiego che si tratta di qualcosa di interessante, ora nessuno ha remore o pudori nel pronunciare nel giudizio estetico. Bello diventa un po’ tutto quello che è importante,  suggestivo, moralmente accettabile… “.zecchi 2

“Certo – aggiunge Zecchi – in questo gaio revival della bellezza nella sua effimera genericità e interscambiabilità di senso, ha un ruolo decisivo la frantumazione di tante sovrastrutture ideologiche e politiche che hanno attraversato il  ‘900.E poi, si aggiunga a ciò lo stato dell’arte globalizzata con quel suo friggere e rifriggere i modelli estetici avanguardistici, neoavanguardistici e così via, i quali, se una volta avevano una forza trasgressiva, dissolutiva, nichilista, futurista, oggi appaiono noiosi manierismi ormai incapaci di convincere chicchessia della loro novità, se non quei critici che hanno trasformato l’arte in un sistema finanziario”.

(i.z)

La Bellezza di Stefano Zecchi, Bollati Boringhieri (collana Nuova cultura), 2013, 178 pp, 17 euro

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