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L’artista Galileo e il Galilei nell’arte

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15/11/2017

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PADOVA PALAZZO DEL MONTE DI PIETA'

PADOVA PALAZZO DEL MONTE DI PIETA’

Mostra a Padova dal 18 novembre al 18 marzo –

Il Galileo scienziato lo conoscono tutti, il Galileo artista, cultore e critico d’arte è ignoto al grande pubblico. Elimina la lacuna una interessante mostra, che si apre il 18 novembre a Padova, nella sede del Monte di Pietà, per rimanervi fino al 18 marzo del prossimo anno.

La mostra ‘Rivoluzione Galileo‘, concepita da Giovanni C.F. Villa per la Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, racconta, per la prima volta, la figura complessa del grande scienziato italiano.

Nella mostra, capolavori assoluti dell’arte occidentale insieme a testimonianze e reperti diversi, consentono di scoprire i lati poco noti del vero Galilei. Emerge così l’uomo Galileo nelle molteplici sfaccettature: dallo scienziato padre del metodo sperimentale al letterato esaltato da Foscolo e Leopardi, Pirandello e Ungaretti, De Sanctis e Calvino. Emerge il Galileo virtuoso musicista ed esecutore, il Galileo artista, tratteggiato da Erwin Panofsky quale uno dei maggiori critici d’arte del Seicento; il Galileo inventore, non solo del cannocchiale ma anche del microscopio o del compasso, fino al Galileo della quotidianità.

GALILEO GALILEI

GALILEO GALILEI

L’uomo, eccezionale per potenza d’intuizione e genio scientifico, lo era anche nei piccoli vizi e debolezze, quali gli studi di viticoltura e la passione per il vino dei Colli Euganei. Rifiuta spesso la “vil moneta” barattando i suoi strumenti di precisione con vino “del migliore”, o con la produzione e vendita di pillole medicinali.

Per documentare ‘Rivoluzione Galileo‘ Giovanni C.F. Villa riunisce al Palazzo del Monte di Pietà a Padova un numero impressionante di opere d’arte, a partire dagli splendidi acquerelli e schizzi dello stesso Galileo, che mostrano la sua altissima qualità di disegnatore. Lo scienziato era del resto un attento osservatore dell’arte, come confermano i commenti salaci su delle tarsie lignee “prive di morbidezza e fatte di legnetti” ma anche su Arcimboldo, autore di “capricci che hanno una confusa ed inordinata mescolanza di linee e colori”.

L’influenza delle conquiste galileiane e della scienza moderna sulla cultura artistica è evidente già nel primo Seicento: con la minuziosa resa della natura, come testimoniano le straordinarie opere dei Brueghel e di Govaerts, ma anche in una pittura che recepisce immediatamente la prorompente portata delle ‘macchine’ di Galileo.

Nel 1610 Galileo pubblica il ‘Sidereus Nuncius’, e un effetto immediato si può scorgere nella celebre Fuga in Egitto di Adam Elsheimer, prima raffigurazione della Via Lattea. E poi in una sequenza di artisti capaci di raffigurare la luna così come vista con il cannocchiale, tanto che una notevole sezione di mostra racconta proprio la scoperta della luna da Galileo fino ai giorni nostri.

Anche il genere della natura morta sviluppa nuove formule compositive: i simboli della vanitas lasciano il posto ad una raffigurazione documentaristica legata allo sviluppo delle scienze naturali. E poi un racconto iconografico per capolavori, tra le quali spicca il dipinto del Guercino dedicato al mito di Endimione, con una delle prime raffigurazioni del cannocchiale perfezionato dallo scienziato pisano.

Tra gli anni Venti e Trenta del secolo prende vita una vera e propria “bottega” galileiana, ovvero una generazione di artisti (Artemisia Gentileschi, l’Empoli, Stefano Della Bella, ecc.) in grado di condividere le suggestioni offerte dalla lezione dello scienziato. Come le Osservazioni astronomiche di Donato Creti ora in Pinacoteca Vaticana: straordinarie tele raffiguranti stelle e pianeti ritratti in modo da mostrare l’aspetto che presentano al telescopio, evocando le scoperte galileiane.

Giovanni C.F. Villa porta i visitatori anche dentro alla ‘costruzione’ del mito galileiano in epoca ottocentesca. Si era nel 1841 quando il Granduca Leopoldo II di Lorena costruiva, in Palazzo Torrigiani, la Tribuna di Galileo, straordinario ambiente immaginato quale sintesi iconografica della scienza sperimentale, da Leonardo a Galileo.

Dopo il centrale episodio fiorentino di Santa Croce, eternato da Ugo Foscolo, l’Ottocento diviene il secolo dei monumenti dedicati a Galileo. Ecco allora Pisa, Roma, la Loggia degli Uffizi a Firenze per giungere alla trentaseiesima statua dei grandi padovani in Prato della Valle.

La mostra sviluppa un’ampia sezione d’arte contemporanea che da Previati e Balla giunge fino ad Anish Kapoor, presente in mostra con l’opera di apertura. Così sette secoli di arte occidentale, intrecciandosi con la scienza, la tecnologia e l’agiografia galileiana, restituiscono compiutamente la parabola umana di Galileo celebrato in una Padova che lo vide protagonista per 18 anni. Un periodo ricordato dallo scienziato come il più felice, per la libertà concessagli dallo Studio patavino, allora ai vertici della cultura europea.

Ed è la stessa Università agli Studi di Padova che, come ha annunciato il suo Rettore, professor Rosario Rizzuto, ha deciso di affiancare alla Mostra un programma di iniziative, incontri,approfondimenti sulla figura di colui che è stato uno dei suoi più illustri docenti e Maestri.

Tutto questo a Padova dal 18 novembre, per scoprire il Galilei sconosciuto e per capire meglio il Galilei che tutti crediamo di conoscere.

Bruno Cossàr

 

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