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Genius loci: alla scoperta delle Barbagie millenarie

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30/09/2012

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Genius loci: alla scoperta delle Barbagie millenarie

Quando si parla di Sardegna la prima cosa che viene in mente sono l’estate, il caldo, il mare. Assolati pomeriggi d’agosto passati a prendere la tintarella su una delle sue innumerevoli e bianchissime spiagge, circondati da turisti euforici che fanno avanti e indietro dall’ombrellone al bagnasciuga in cerca di un fresco sollievo tra le acque cristalline della costa.

Oppure le notti mondane, spese tra i celebri locali della Costa Smeralda tra “stars” di più o meno vivido splendore a sorseggiare cocktail pieni di ombrellini dal gusto caraibico. Si, la Sardegna è diventata anche questo ma la sua vera essenza va cercata altrove.

Abbandoniamo per un attimo il mondo smeraldino e glitterato, posiamo infradito e ombrelloni, indossiamo scarpe da ginnastica, jeans e una bella faccia curiosa ed interessata. Il viaggio che stiamo per intraprendere non è agevole. Il percorso è impervio perché passa per i monti. Calca suoli duri e rocciosi, si inerpica tra rovi e ginestre, si addentra in mezzo ai cespugli di ginepro, mirto e corbezzolo. Ripercorre le orme di cinghiali e mufloni e sfiora l’aerale di aquile e astori. Ma quando si è troppo stanchi per proseguire ci si può sedere vicino ad una fonte per dissetarsi protetti dall’ombra e dalla saggezza delle querce secolari. Benvenuti in Barbagia, la regione centrale della Sardegna che si estende sui fianchi del massiccio del Gennargentu. Qui la terra è antica come gli avi del popolo che tuttora la abita. Nuragici e prenuragici del IV millennio a.c., che Cartaginesi e  Romani non riuscirono ad assoggettare e che fece loro guadagnare l’appellativo di Barbari. Gente indomita abituata ad essere forte e decisa come la terra che li ha partoriti. Ma gente che conserva e difende una cultura ricca e originale. Basta fare un giro tra gli innumerevoli paesini disseminati lungo i 1300 km q di questo territorio, per rendersi conto di quanto sia vivo e pulsante  il sentimento popolare che anima i suoi abitanti. Qui tutto parla di storia e lo fa nell’antica lingua dei sardi. Strade, viottoli, chiese campestri, i muri delle case ricoperti di “murales”che raccontano di antiche gesta e di tradizioni immortali. Le signore anziane sedute sull’uscio delle loro case con le tipiche vesti nere, catapultano il visitatore in un’altra dimensione. Dove il tempo è sospeso ma non in stallo; si muove perpetuo seguendo i battiti del cuore di questa terra e lasciando al di fuori tutto ciò che è “straniero”. Se si ha la fortuna di vedere questi luoghi durante le feste paesane, si rimarrà meravigliati dai colori e dalla ricchezza dei costumi tipici che sfilano per le strade, dai profumi, dai sapori  e dal calore umano. E per dirla come Lawrance: “La Sardegna è un’altra cosa (..). Catena di colline simile alla brughiera, irrilevanti,che corrono via (..). E’ incantevole spazio intorno a un individuo, e distanza da viaggiare, (..), è come la libertà stessa”.

Mariangela Cossu – Lumsa News

 

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