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Dall’arte una proposta per gli spazi industriali abbandonati

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02/05/2016

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Dall’arte una proposta per gli spazi industriali abbandonati

ACarnevale1Quaranta opere in otto stanze sotterranee, per compiere una rivoluzione copernicana e ribaltare il senso della celebre espressione Non auro sed ferro che viene dall’antichità romana e che dà il titolo alla personale dell’artista Alessandro Carnevale che si è tenuta  alle Cellette del Priamar di Savona. Una mostra  che invita a guardare alla contemporaneità globale con sguardo critico, ma anche a riflettere sui panorami di un’archeologia industriale che deve ritrovare una sua dignità. E con la sua mostra Carnevale propone anche una sua riflessione, una proposta estetica che è anche etica: suggerisce alle istituzioni di dar nuova vita a questi spazi industriali, attualmente avvolti nel buio. Le luci accecanti delle vecchie attività si sono spente e chi in quei posti lavorava e lottava avverte un senso di vuoto interiore forse incolmabile.

ACarnevale3«Non con l’oro, ma col ferro si riconquista la patria», disse Furio Camillo al capo dei Galli che assediavano il Campidoglio- e che chiedevano oro per risparmiare gli avversari. Queste parole divennero per i romani motto di libertà. Le riutilizzò sette secoli dopo un imperatore visionario e rivoluzionario come Giuliano, detto l’Apostata, in risposta agli uomini dei servizi segreti, che lo taglieggiavano chiedendogli sempre più denaro in cambio delle informazioni raccolte a tutela della sicurezza dello stato.

La mostra Non auro sed ferro è anche un canto di libertà, intesa come territorio ideale dell’uomo da difendere col ferro del lavoro e della lotta.

Molta ricerca sia tecnica che poetica separa il primo Carnevale che impressionò con il suo ciclo Lo scandalo metallico dai progetti realizzati oggi.

Dopo Hong Kong, Berlino, Montecarlo, Milano e Londra, nonché dopo la promozione nella prestigiosa pubblicazione annuale dell’Art People Gallery Selection di San Francisco, la mostra alle Cellette suona come un commosso e desiderato ritorno a casa per l’artista savonese Alessandro Carnevale.

ACarnevale2Nuovi materiali e nuovi procedimenti chimici lo hanno portato qui,  azzardando come un alchimista gli effetti di nuovi solventi ( trielina, acido muriatico, ipericina, acido cloridrico) e ritrovati chimici presi in prestito all’industria: uno sforzo costante di produrre arte consustanziale all’era perduta che la ispira. Si tratta di un processo che è più facile controllare, quello su ferro nero, perché l’ossidazione è indotta dal suo artefice.

“Sono passato dal ferro blu al ferro nero- dice Carnevale – che è leggermente più raffinato e dà esiti che portano diverse cromature, come fossero proprio dei colori. Come ad esempio con la trielina, che genera un ossido molto giallognolo, o  l’acido muriatico, che  porta una sfumatura tendente al marrone. Quasi una pittura tramite acidi, quando prima, agli esordi del suo talento, poteva essere un disegno sulla ruggine. Un racconto vero che l’artista conduce con lucidità e malinconia.

A contatto con i reagenti i metalli di smantellamento industriale acquistano nuova vita, si tingono di blu, giallo, verde, viola, ocra.

Ancora una volta post-industriali sono i paesaggi dell’artista, la natura sembra non avere accesso nelle sue tele metalliche, fatto salvo per il mare, il grande padre, possente e commovente, di tutti coloro che abitano le zone care a Carnevale. Scenario imprescindibile della vita di tutti.

Il rumore assordante e continuo dei silos si è ammutolito, l’aria cinerina dei fumi delle fabbriche s’è dissolta e questi siti, ampi e articolati, si presterebbero bene alla trasformazione. Riconvertire le antiche industrie in scenari nati dal riuso, a disposizione della collettività. Sul fango nascono i fiori, così come da questi stabilimenti tramontati per sempre potrebbero sorgere realtà vivibili in una nuova prospettiva. Spazi dedicati alle arti integrate, o musei, ad esempio, comunque  luoghi di incontro, scambio e fermento della cittadinanza, aperti a sperimentazioni, come incubatori di idee e sogni. L’unica via di (parziale) recupero di questo senso perduto – afferma Alessandro Carnevale – sta nel far rivivere i luoghi industriali col lavoro del pensiero e dell’arte, il solo che ha pari dignità di quello di fabbrica ed è altrettanto fondativo di relazioni umane e di conflitto di idee».

L’inquinamento ambientale delle fabbriche fa male, ma la loro sparizione inquina e inquieta gli animi dei cittadini di queste zone.

«Tutti i metalli – scrive Roberto Del Frate – ora li vediamo via via soppiantati da un’orgia di plastica anonima; quei metalli che hanno tutti una loro storia; un’origine nascosta in migliaia e migliaia di fusioni».

L’arte di Carnevale pone di fronte a importanti interrogativi, come afferma Francesco Maria Fabrocile : “Si può cambiare di segno questo passato, o addirittura dimenticarlo? Possiamo crederci fortunati e ricchi per non aver più a che fare col lavoro massivo di fabbrica? E’ veramente e solo oro colato il superamento dell’economia di produzione e l’arrivo alla terziarizzazione di massa?”

Chiara Crialesi

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