Amarelli, una storia di Calabria al sapore di liquirizia
Sul versante ionico della Calabria, nella piana di Sibari – dove ancora permangono retaggi di latifondo nelle immense distese di uliveti e agrumeti – cresce spontanea la liquirizia. Un tempo veniva estirpata perché rappresentava un danno per i campi destinati alla coltivazione, ma poi è diventata una dolce risorsa. La pianta della liquirizia, utilizzata da circa 35 secoli, è presente in molti Paesi, dall’Europa all’Asia, ma – secondo quanto riporta l’ Enciclopedia Britannica – la migliore qualità di liquirizia “is made in Calabria”.
E’ nata qui la storia di una lunga tradizione familiare che affonda le sue radici nei secoli e che viene portata avanti oggi da “Lady liquirizia”, come viene amichevolmente chiamata Pina Mengano Amarelli, donna intraprendente e tenace custode fedele e innovatrice di una importante tradizione imprenditoriale nel meridione. Arrivata quarant’anni fa da Napoli a Rossano Calabro, nel bastione feudale degli Amarelli, la famiglia del marito Franco, ha saputo dare continuità a un’importante realtà produttiva, presente da più 300 anni sullo stesso territorio, la Calabria, con la lavorazione della stessa materia prima, la liquirizia. Non ha caso Pina Amarelli è stata Presidente per un mandato (e successivamente vice-presidente, dell’Associazione internazionale “Les Hénokiens”, con sede a Parigi, che raggruppa le aziende con almeno 200 anni di vita. I membri sono solo 40, di cui circa una dozzina in Italia.
L’Amarelli nasce infatti nel 1731 a Rossano Calabro grazie ad una felice intuizione di un membro della famiglia e tutt’ora l’azienda ha sede nella stessa contrada dove è La fabbrica e l’antica dimora si mostrano, dall’esterno, inalterate nel tempo. Ma dentro la fabbrica è molto cambiata e si è completamente rinnovata.
Oggi la Amarelli è leader mondiale nella vendita della liquirizia. Circa il 20% della produzione viene esportata, soprattutto in Francia, Germania ed Europa del Nord.
Progettualità, qualità e cambiamento, sono i punti di forza di un’azienda che conta 35 dipendenti fissi più una serie di dipendenti stagionali. Il raccolto della liquirizia si fa su tutto il litorale ionico della Calabria e un’antica sapienza e conoscenza profonda del prodotto, coniugata ad un’elevata tecnologia permette di portare lontano da quelle terre una tradizione e un gusto che rende riconoscibile un antico sapore del sud con il suo tipico colore e il suo profumo.
Con l’obiettivo di presentare e far conoscere al pubblico questa realtà imprenditoriale, nel 2001 gli Amarelli hanno inaugurato un piccolo museo della liquirizia inserito in un palazzo antico: “Si tratta di una realizzazione – spiega Pina Amarelli- che ci dà molta soddisfazione con i suoi 40mila visitatori all’anno (7mila solo nel mese di agosto). Un vero e proprio punto di attrazione per Rossano, dove per altro verso non c’è nulla per i turisti”. L’ingresso è gratuito e ha un punto vendita a fianco con un fatturato che ha numeri importanti. Ma quello che è importante è che attraverso il museo – dice Pina Amarelli “ raccontiamo la nostra storia, la nostra famiglia, la storia di questa terra”.
La liquirizia è un monoprodotto, un limite che la Amarelli ha saputo superare puntando sulla diversificazione: “Accanto alla liquirizia pura – racconta con orgoglio l’imprenditrice – abbiamo ideato quella con aggiunta di gomma arabica, liquirizia ricoperta di zucchero, sassolini dello Jonio di colori diversi, cioccolato aromatizzato alla liquirizia, pasta, biscotti e panettone alla liquirizia, acqua di Colonia e shampoo alla liquirizia. Occorre inventare una novità al giorno per restare competitivi sul mercato”.
Secondo Pina Amarelli fare impresa in Calabria non ha difficoltà maggiori rispetto a un altro luogo, perché “con le carte in regola e la giusta passione si può fare impresa ovunque”.
Così la realtà imprenditoriale dell’Amarelli dimostra come sia possibile raccontare ancora la bellezza di una Calabria laboriosa e custode delle tradizioni grazie all’inventiva di una famiglia che affonda le sue radici dentro valori ben precisi: “In un’industria ci sono macchinari, attrezzature e quanta tecnologia si vuole. Ma il capitale umano – dice Pina Amarelli – rimane sempre il più importante”.
Alessandro Filippelli-LumsaNews
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