Albertazzi, 90 anni: “Ho vissuto solo per la bellezza”
Versatile protagonista della vita culturale italiana, Giorgio Albertazzi ha festeggiato martedì 20 agosto i suoi 90 anni – idealmente con D’Annunzio – a Marina di Pietrasanta, sul palco della Versiliana, accompagnato al pianoforte da Paolo di Sabatino e alla fisarmonica con Davide Cavuti.
E’ stato con lo spettacolo “Io quel che ho donato” che il re del teatro italiano ha festeggiato i suoi 90 anni e la sua impareggiabile carriera. Quella frase di D’Annunzio ‘Io ho quel che ho donato’ – commenta l’attore – “si adatta in modo perfetto allo spirito di ciò che vuole significare questo mio spettacolo che è anche, anzi soprattutto, un omaggio. Al Vate, certamente, ma anche al pubblico e, se me lo concedete, un poco a me stesso. Tante cose sono state dette, scritte e recitate su D’Annunzio. Io stesso sono stato inseguito dalla sua ombra fin da ragazzino”.
E il pubblico toscano ha reso un convinto omaggio a chi ha contribuito a rendere grande l’arte teatrale vivendo “la bellezza e per la bellezza”. Un concetto che ha ripetuto in diverse interviste tv e anche in una conversazione con Titti Giuliani Foti sulla Nazione.
C’è qualcosa di cui si pente? gli chiede la giornalista: “Si – risponde il Maestro – aver trascurato cose importantissime. Per esempio avrei dovuto fare il grande cinema, dedicarmi di più, concedermi più spesso. Ma io sono così: ho fatto pochissimi calcoli nella mia vita. Anzi, non li ho mai fatti e non ho mai sacrificato niente alla bellezza”. Appunto: cosa pensa della bellezza?, insiste la giornalista: “E’ il valore più alto della mia vita. Volevo che tutto fosse splendido e indimenticabile e quindi ho lottato per arrivare a questa cosa qui”.
La scelta dell’omaggio a D’Annunzio non è casuale: proprio alla Versiliana il Vate soggiornò nell’estate del 1906 nella Villa che fu dimora dei Conti Digerini-Nuti. “Io sono nel più bel posto dell’universo” scrisse D’Annunzio dalla Versiliana in una lettera indirizzata ad Emilio Treves il 5 luglio di quell’anno.
“Sono nato a tre passi dalla ‘Capponcina’ di Settignano, la villa con i levrieri e i cavalli del Vate – e dall’altra parte della strada c’era la ‘Porziuncola’ di Eleonora Duse. Spiavo al di là del cancello grigio-argento della Capponcina (D’Annunzio non c’era più, la villa era stata venduta e rivenduta) se per caso arrivasse qualche segno” racconta Albertazzi nelle note di regia. “Io stesso sono stato inseguito dalla sua ombra fin da ragazzino. . Ci sono uomini come D’Annunzio che hanno il potere di evocare leggende”.
(g.m.)
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